venerdì 8 gennaio 2016

Uno sconosciuto dagli occhi verdi (mio secondo racconto, contenuto anche nell'antologia "Evviva quasi tutto", edita per beneficenza)

Tutto cominciò in una calda sera d’estate. Stavo passeggiando per le vie del paese in cerca di un po’ di refrigerio, quando un individuo dal fare sospetto si parò davanti a me: mi guardava con fare minaccioso e aveva un sorriso cattivo stampato in volto. Decisi di far finta di nulla e gli passai accanto, ma egli cominciò a urlare:
-Cosa ci fai qua tutta sola? Non sai che a quest’ora bisogna stare a casa?
Presa dal panico cominciai a correre, ed egli a seguirmi. Correvo e correvo, in cerca di un rifugio di salvezza, ma a un certo punto mi sentii presa in trappola: avevo infatti imboccato un vicolo cieco. Anche il mio nemico capì che ormai non potevo più scappare e cominciò a sghignazzare soddisfatto. Lo sapevo: era giunta la mia fine. Chiusi gli occhi, ormai consapevole del mio destino, quando all’improvviso sentii urlare il mio persecutore. Aprii gli occhi di scatto e lo vidi a terra sovrastato da un qualcosa, o meglio, da un qualcuno. Non lo seppi distinguere bene, ma ciò che mi colpirono furono i suoi splendidi occhi verdi. Lottarono per un tempo che mi sembrò infinito, e poi il mio aguzzino scappò in tutta fretta. Rimasti soli, il mio salvatore si voltò a guardarmi e poi fuggì anche lui. Mi misi ad urlare per cercare di fermarlo, ma i miei richiami rimbombarono per il vicolo senza produrre alcun effetto, se non quello dell’eco.
Passarono alcuni giorni ed io continuavo a pensare a lui: chi era e da dove veniva? Non lo avevo mai visto in giro! Avrei tanto voluto incontrarlo di nuovo per ringraziarlo di avermi salvato e per conoscerlo meglio. La sua immagine era sempre presente nella mia mente e non mi abbandonava nemmeno quando mi addormentavo. Ogni giorno vagavo per le strade e per i vicoli cittadini sperando di vederlo ancora, ma senza risultato. Fino a quando, una sera, mentre me ne stavo tornando a casa ancora una volta delusa, passando vicino ad una minuscola casetta senza recinzione, lo vidi, attraverso una finestrella. Sì, non potevo sbagliarmi: era proprio lui! Avrei potuto riconoscere dovunque i suoi splendidi occhi verdi! Senza farmi vedere mi avvicinai di più e osservai la scena: c’era una signora molto anziana che stava guardando la televisione, e lui era lì, seduto accanto a lei. A volte si guardavano e la signora gli sorrideva dolcemente: doveva avere circa ottant’anni, ma dai suoi lineamenti si capiva che da giovane doveva essere stata molto bella. Stetti per qualche tempo a guardarli, incapace di muovermi, e poi me ne tornai a casa soddisfatta. Il giorno dopo tornai a trovarli, ma non mi feci ancora vedere: mi piaceva guardarli di nascosto, e soprattutto ero incantata dall’amore che provavano l’uno per l’altro e che rendeva quella scena quasi fiabesca. Proprio per questo non mi andava di farmi scoprire: avevo timore di rompere quella magica atmosfera che li avvolgeva. Dopo un settimana però, decisi che avrei dovuto almeno lasciare un segno della mia gratitudine e perciò decisi di depositare alcune margherite sui gradini dell’ingresso. Il giorno dopo, quando mi recai da loro, vidi che i fiori erano stati raccolti e sistemati in un vaso posto sul tavolo vicino alla televisione. Capii quindi che avevano gradito il mio regalo e perciò ogni giorno portavo loro tutti i fiori che riuscivo a trovare: margherite, viole, denti di leoni, ranuncoli; ed ogni volta, quando il giorno dopo mi recavo alla finestra, li rivedevo nel vaso. Notai anche che la signora ogni tanto si fermava a guardarli con espressione beata e soddisfatta.
Tutto questo durò per circa tre mesi: un giorno infatti, mentre come al mio solito mi stavo recando alla casetta con un mazzolino di fiori, vidi che le persiane erano chiuse. Anche i fiori del giorno prima non erano stati raccolti, ma anzi, erano caduti dai gradini e qualcuno doveva averli calpestati. Passarono mesi e mesi e la situazione era sempre la stessa: la polvere ormai ricopriva gli scalini e attorno alle finestre si intrecciavano fili e fili di ragnatele. Sapevo in cuor mio che probabilmente quei giorni sereni erano finiti e che non avrei più rivisto lui e nemmeno la signora, quando una sera mi parve di vederlo sgattaiolare di nascosto in una casa abbandonata. Perché? Cosa andava a fare lì? Non sapeva che poteva essere pericoloso? E dov’ era finita l’anziana signora? I miei dubbi non potevano rimanere irrisolti: con fare prudente decisi di entrare in quella casa per cercare di capire quello che stava succedendo. L’interno era vuoto e polveroso. Sui muri si leggevano delle scritte incomprensibili, forse ad opera di senzatetto che avevano trovato rifugio in quel posto. Di lui nessuna traccia. Stavo perciò decidendo di tornare indietro quando un grosso cane cominciò a ringhiare contro di me. Spaventata iniziai a correre per tutta la casa senza trovare una via di uscita, quando sentii qualcuno dirmi:
-Vieni di qua, presto!
Era lui! I suoi occhi verdi splendevano nel buio della casa facendolo sembrare ancora più bello. Con un cenno mi indicò una piccola fessura nel bordo di una parete ed io, con fatica, cercai di passare attraverso di essa per riuscire a liberarmi dal cane. Per fortuna, quella bestiaccia non riuscì a raggiungermi, perciò rimase dentro la stanza continuando ad abbaiare.
Stavo riprendendo fiato, sollevata per lo scampato pericolo, quando vidi di nuovo il mio salvatore, che mi raggiunse e mi disse:
-Non sei proprio capace di stare fuori dai guai, eh?
A questo punto, con il cuore che mi batteva forte, decisi di raccontargli la verità: gli spiegai della mia gratitudine verso di lui per avermi aiutata quella sera, del fatto che lo avevo visto in quella casa e dei fiori che quotidianamente gli portavo. Gli confessai anche che un giorno avevo trovato la sua finestra serrata e che per questo lo avevo cercato in altre zone, trovandolo in quella casa abbandonata.
Egli mi ascoltò attentamente e poi mi disse:
-Erano mesi che non uscivo da quella casa: la mia migliore amica era molto anziana e malata e io volevo stare sempre accanto a lei per ringraziarla per tutto quanto aveva fatto per me. Però, da quando riceveva quei fiori era diventata più felice: era convinta che glieli portasse un suo giovane fidanzato partito anni fa per l’America e mai più tornato. Un brutto giorno però mi lasciò per sempre, e il proprietario della casa in cui abitavamo decise di chiuderla e di cacciarmi via e così in questi mesi mi sono ridotto a fare il vagabondo, a dormire in quella brutta casa e a racimolare il cibo un po’ di qua e un po’ di là.
Ascoltai la sua storia molto attentamente e subito presi una decisione. Non avrei potuto separarmi da lui, non ora che lo avevo ritrovato, e non avrei nemmeno potuto lasciarlo nei guai.
-Senti- gli dissi- potresti venire a vivere con me.
Egli, stupito, spalancò gli occhi ed esclamò:
-Sei sicura? Non darei fastidio?
-No di certo: sono una gatta molto fortunata. I miei padroni mi curano e mi coccolano sempre: non penso farebbero storie per un micio in più, e se no starò io con te e faremo insieme i vagabondi.
Mi sorrise amorevolmente e mi disse:
-Va bene, verrò con te: sei una gatta molto buona, carina e gentile; dimmi come ti chiami.
-La mia padroncina mi chiama Fifì, e tu?
-Non conosco il mio nome, ma la signora mi diceva sempre Micio- micio.
-Ok, Micio- micio, andiamo, ora non sarai più solo.
Ci dirigemmo insieme verso la mia casa e, mentre camminavamo, le nostre code si toccavano disegnando in cielo un cuore perfetto.

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