Cari lettori, come ogni lunedì, ecco un nuovo capitolo della mia storia per bambini dal titolo "La lanterna dell'amicizia". Il nuovo capitolo di questa settimana s'intitola "Lettere e segreti": nonostante Amina sia contenta per l'amicizia con quella persona misteriosa, c'è qualcosa che la preoccupa. I suoi genitori, infatti, stanno vivendo un momento molto difficile dal punto di vista economico e forse dovranno lasciare la loro casa... chissà se la sua nuova amica potrebbe aiutarli?
Lo scambio di lettere
tra Amina e il suo amico misterioso proseguì anche nelle settimane successive.
Dopo aver ricevuto in dono i suoi disegni, la persona misteriosa decise di
regalarle dei pennarelli nuovi di zecca, che fecero sentire Amina, per la prima
volta, dopo tantissimo tempo, una bambina molto fortunata.
E pazienza se, per
giustificarsi, dovette raccontare ancora alla mamma che glieli aveva regalati
Martina. Non voleva rischiare di essere sgridata, temeva ancora di essere
severamente rimproverata per aver dato confidenza a una persona sconosciuta e
per questo aveva paura di dover essere costretta a interrompere il loro scambio
di messaggi e di regali, che le risultavano molto graditi. Quella persona aveva
il dono di esaudire tutti i suoi desideri, in una città nella quale non si
sentiva capita e accolta, e non voleva assolutamente perderne il contatto.
Comunque, in questi
giorni la mamma non sembrava molto interessata a lei, perché aveva problemi ben
più seri a cui pensare: una sera Amina aveva sentito i genitori discutere di
nascosto in bagno. Parlavano nella loro lingua e con un tono di voce molto
basso, probabilmente per non essere sentiti, ma la bambina riuscì a capire lo
stesso che stava succedendo qualcosa di molto grave. Da quello che riuscì a
sentire capì che l’anziana signora, presso cui la madre andava a lavorare tutte
le mattine, stava molto male, forse sarebbe addirittura morta, e la mamma temeva di rimanere senza lavoro da un
giorno all’altro:
«Come faremo ad andare
avanti, se sarò costretta a rimanere a casa?» aveva domandato al padre di Amina
«già così siamo in ritardo con l’affitto, il padrone ci caccerà via!» aveva poi
aggiunto con un tono di voce pieno di preoccupazione.
«Non preoccuparti,
troveremo una soluzione» aveva cercato di rincuorarla il marito «proverò a
chiedere ai clienti del ristorante se conoscono qualcuno che ha bisogno di una
badante, ma stai tranquilla, ce la faremo!».
«Non lo so, sono molto
preoccupata!».
«Chiederemo un
prestito a tuo fratello».
«Ci ha già aiutato tanto,
più di così non può nemmeno lui».
«Intanto cercherò di
lavorare di più nel ristorante».
A questo punto Amina
aveva sentito la mamma sospirare rassegnata e, subito dopo, i loro passi
avvicinarsi, così aveva fatto appena in tempo a scappare in camera prima di
essere scoperta.
La situazione non era
di certo piacevole, e peggiorò ancora di più quando, pochi giorni dopo, la
madre tornò a casa in lacrime: l’anziana signora era effettivamente morta e
lei, oltre al dolore per aver perso una persona con la quale aveva trascorso
momenti sereni, doveva aggiungere la consapevolezza di essere rimasta senza un
lavoro.
«Come faremo a pagare
l’affitto? Siamo già in ritardo di un mese, il padrone ci sbatterà fuori di
casa, me lo sento!» ripeté la madre, ancora più sconvolta dei giorni
precedenti.
«Gli parlerò io, al
padrone, stai tranquilla» aveva cercato di rassicurarla il papà di Amina.
Ormai non si
preoccupavano più di nascondere il problema alla bambina e, anche se non gliene
avevano parlato apertamente, sapevano che era Amina era molto sveglia ed era a
conoscenza di tutto: una mattina la mamma l’aveva abbracciata dicendole di non
preoccuparsi, mentre il padre si era limitato a farle una carezza sulla testa,
ma lei non si sentiva per nulla tranquilla.
Purtroppo, il
colloquio con il padrone della casa, un uomo di mezz’età basso, tarchiato, e
dagli occhi piccoli e neri, si rivelò un disastro: venuto a conoscenza dei loro
problemi con i soldi, si era arrabbiato molto e aveva minacciato di sbatterli
fuori di casa se non avessero pagato la somma di denaro entro due settimane,
senza sentire nessun tipo di spiegazione. Che fare allora?
Le giornate successive
furono molto difficili: il papà di Amina passava ancora più tempo a lavorare, e
non lo si vedeva più nemmeno di sera, lo zio aveva cercato di aiutarli più che
poteva ma, secondo i loro calcoli, al termine dei quindici giorni, sarebbero
loro mancati trecento euro. Nonostante tutta la loro fatica, avrebbero dovuto
abbandonare la loro casa.
Amina si sentiva molto
triste all’idea di lasciare quel posto; non ci era particolarmente affezionata,
a dir la verità, ma il fatto di non
sapere a quale destino sarebbero andati incontro lei e i suoi genitori la
riempiva di preoccupazione: avrebbero dovuto passare la loro vita a vagare per
la strada e a dormire nelle stazioni come aveva visto fare da alcune persone un
giorno che stava passeggiando con la madre? E quando sarebbe arrivato l’inverno
come avrebbero fatto a ripararsi dal freddo? Sarebbero dovuti ritornare in
Libia da quelle persone cattive che avrebbero fatto loro del male? Peccato che non ci
fosse nessuno che potesse aiutarli, anche se… anche se forse c’era sì qualcuno
che avrebbe potuto fare qualcosa! Come aveva fatto a non pensarci prima? Non era
più sola in una grande città sconosciuta!
La bambina, entusiasta
per aver trovato una soluzione, corse subito in camera, prese carta e penna e
scrisse una breve lettera alla persona misteriosa che, era sicura, l’avrebbe
certamente aiutata. “Vorrei trecento euro” scrisse con la sua incerta
calligrafia “se no non posso più stare nella mia casa” aggiunse poi, per far
capire meglio il suo problema. Poi, in un momento in cui si trovava da sola
(ormai Martina non veniva più perché i suoi genitori non potevano più permettersi
di pagarla) imbustò di corsa la lettera. Forse c’era ancora una speranza, forse
quella persona buona l’avrebbe aiutata ancora una volta.
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