Cari lettori, ho deciso di dedicare questo mese alla lettura di un classico di Vasco Pratolini, "Cronaca familiare".
E' un breve scritto autobiografico, che fu composto dal celebre letterato nel 1945, dopo la morte del fratello, al quale l'autore si rivolge all'interno della narrazione.
Il tema centrale dell'opera è il ricordo e l'analisi del complesso rapporto tra lui e il fratello Dante, quasi che la scrittura possa in un certo qual modo fare ordine nel suo animo tormentato.
Vasco è il fratello maggiore e sin dalle prime pagine veniamo a conoscenza che la madre morì di spagnola a causa delle complicanze dovute al parto del fratello minore. L'autore vede perciò in Dante la causa della morte della madre.
Dopo poco tempo il fratellino neonato viene affidato prima a una coppia di contadini e poi a un maggiordomo, che lo fa vivere nella casa del suo padrone in tutti gli agi possibili, ma anche in una sorta di gabbia dorata, cambiandogli il suo nome da Dante a Ferruccio.
Vasco si reca ogni tanto con la nonna a trovarlo, e considera l'isolamento del fratello come una sorta di giusta punizione per averlo privato della figura materna.
Nel frattempo gli anni passano, e i due fratelli cominceranno a istaurare un vero rapporto quando, da adolescente, Ferruccio entrerà in conflitto con il padre, a causa delle sue relazioni amorose, e sarà proprio a casa di Vasco che troverà rifugio e trascorrerà la notte. Poco tempo dopo i due si recano all'ospizio, dove nel frattempo era andata a vivere la nonna di entrambi, e lì trascorreranno insieme un lieto giorno di Pasqua.
Nel prosieguo della narrazione si comprenderà come la vita di Ferruccio gli riserverà molte delusioni, sia dal punto di vista lavorativo sia sul piano sentimentale, ma la vera disgrazia sarà la sua malattia che, dalla Toscana, lo condurrà a Roma (dove, nel frattempo, si era trasferito anche Vasco), per diventare cavia delle più diverse sperimentazioni mediche.
Purtroppo la storia non avrà un epilogo felice e, nella scena finale, quando Vasco saluta Ferruccio che decide di ritornare a casa per vivere serenamente i pochi giorni che gli restano, si comprende come lo scrittore sia consapevole di vederlo per l'ultima volta.
Di Pratolini avevo già letto in precedenza un romanzo, "Le ragazze di Sanfrediano", del quale avevo apprezzato la freschezza, la vivacità narrativa e il contesto fiorentino. Quest'opera invece è molto diversa, ma altrettanto bella e interessante: è molto intensa e profonda e ci fa conoscere meglio l'autore e i suoi sentimenti; purtroppo non è a lieto fine ma ci permette di capire le profonde dinamiche che intercorrono nei rapporti familiari e di come questi possano condizionare l'intera esistenza.
Personaggio assente ma che aleggia profondamente nella narrazione è la figura della madre, che entrambi cercano di afferrare e conoscere, anche se solo attraverso i ricordi (per Vasco) e i racconti (per Ferruccio). Una storia impegnativa e malinconica, ma nello stesso tempo delicata e dallo stile semplice e che per questo vi consiglio di leggere, soprattutto se amate affrontare i temi legati alle relazioni familiari e le storie autobiografiche.