La
prima volta che la incontrai avevo nove anni: mi ricordo che era una bellissima
giornata di sole e che stavo giocando nel parco di fronte al mio condominio con
i miei amici. A un certo punto sentii la voce di mia madre che mi sollecitava a
rientrare per salutare una certa amica di famiglia venuta da non so quale
città. Di malavoglia mi affrettai verso casa e quando aprii la porta rimasi
meravigliato: la donna non era sola, ma l’accompagnava una bellissima bambina
all’incirca della mia stessa età con la carnagione bianca, gli occhi azzurri e
i capelli biondi; indossava uno stupendo vestitino rosso e una cintura stretta
in vita. Pur essendo molto giovane rimasi quasi folgorato da quella visione e
sentii battere forte il mio cuore. Non fui capace di parlare, biascicai un
“ciao” e salii di corsa in camera mia. Sapevo di non avere fatto una splendida
figura, e perciò mi imposi di cancellare dalla mia mente quell’episodio, anche
se, con il passare del tempo, mi ritrovavo qualche volta a fantasticare su
quella bambina dall’aspetto angelico, la
quale seppi poi chiamarsi Beatrice.
Nel frattempo gli anni passarono, dopo
aver terminato le scuole medie mi iscrissi al liceo classico e inoltre scoprii
una passione sempre più forte per la musica. Assieme a tre dei miei amici
(Guido, Guido e Lapo) formai un complesso musicale di cui io, oltre a esserne
la voce ero anche l’autore di numerosi brani. La nostra peculiarità non era
quella di puntare sul classico testo commerciale, tutto musica ma zero
significati, ma sul cercare di fondere insieme parole, musica e pensieri
profondi, come l’amore, l’amicizia e la filosofia. Cominciammo con l’inserire
alcuni nostri brani sul canale Youtube e a partecipare ad alcuni concorsi della
nostra città, Firenze. Ben presto iniziammo a ottenere alcuni successi, che a
noi diedero l’impulso di continuare, ma che ad altri offrirono il pretesto di
fare delle critiche, tanto che un certo Bonny, leader di un gruppo pop
semisconosciuto, ebbe l’ardire di scrivere un brano su di noi fatto apposta per
criticarci, descrivendoci come autori di brani oscuri e complicati. Ma a noi
delle critiche poco importava e il nostro successo confermava che il nostro
nuovo stile non era poi così poco chiaro e quindi, proprio in onore della nostra
particolarità, decidemmo in seguito di chiamarci “The new styles”.
Ma la musica non era l’unica mia
passione: amavo, e amo tutt’ora, la letteratura, soprattutto quella latina e
quella italiana del 1200. Mentre i miei coetanei si divertivano a giocare con i
videogiochi, io non perdevo mai l’appuntamento con il mio libro preferito: l’Eneide di Virgilio.
E fu proprio mentre me ne stavo seduto a
rileggere per l’ennesima volta dell’amore travagliato tra Enea e Didone, che
sentii alcuni compagni dire che una nuova ragazza appena trasferitasi in città
sarebbe venuta a stare nella nostra classe, e la notizia non si rivelò fasulla.
Infatti non appena finì l’intervallo entrò subito la nostra professoressa
seguita da una ragazza, che riconobbi all’istante: era lei… colei che avevo
visto nove anni prima in casa mia! Questa volta indossava un vestito tutto
bianco, che le arrivava fino alle caviglie e, quando mi passò davanti per
sedersi al suo posto, mi salutò discretamente. Mi aveva riconosciuto! Ciò mi
procurò una felicità immensa, ma anche un po’ di turbamento, così mi ripromisi
di parlarne con i miei amici della band appena finita la lezione.
Una volta che ebbi raccontato loro la
situazione, essi si mostrarono meravigliati dato che fino a quel momento
nessuna ragazza aveva catturato in questo modo il mio cuore, e ognuno mi
espresse la propria opinione sul da farsi: Lapo, da anni fidanzatissimo con
Giovanna, mi consigliò di fare in modo di attirare la sua attenzione verso di
me compiendo chissà quale atto eroico (sostituirla in qualche interrogazione?);
Guido G. invece, mi spronò di conquistarla attraverso un brano musicale scritto
apposta per lei; Guido C., infine, fresco fresco di rottura con una delle sue
numerose ragazze, mi ammonì dicendo che la situazione non avrebbe portato a nulla
di buono e che l’amore porta sempre dolore. Alla fine li lasciai più confuso di
prima, ma con la convinzione che forse avrei dovuto procedere di testa mia.
Alla fine però fu il destino a decidere
per me e questo mi trascinò in un circolo vorticoso di eventi: una mattina,
durante l’intervallo, invece di dedicarmi come mio solito alla lettura, me ne
stavo seduto ad ammirare quella creatura celestiale, che stava chiacchierando
con Maria, una sua amica. In quel preciso istante, però, mi si parò davanti
Elena, la pettegola della classe, capra nello studio, ma estremamente informata
su tutte le situazioni amorose della classe, anzi no che dico… dell’intera
scuola! Mi sorrise con fare malizioso e mi chiese quali delle due bellezze
stessi mangiando con gli occhi. Tentai di negare, ma quella smorfiosa,
continuando a tormentarmi, mi obbligò a confessare; ma io, per evitare che la
mia Beatrice diventasse preda di inutili pettegolezzi, con fare teatrale,
ammisi la mia presunta ammirazione verso Maria. In questo modo, nel giro di
pochi giorni, tutta la scuola venne a sapere che Dante della VC era
segretamente innamorato di Maria della VB. Sperai che il succulento
pettegolezzo si esaurisse in pochi giorni, giusto il tempo di scoprirne un
altro, ma non avevo fatto i conti con la diretta interessata, Maria. A quanto
pare a lei non dava fastidio che si dicessero tutte queste cose su di noi,
infatti, poco dopo, mi invitò a uscire per prendere un gelato insieme. Fui
tentato di rifiutare, ma poi ebbi un lampo di genio: forse, uscendo con lei,
avrei potuto ottenere delle informazioni importanti su Beatrice, tipo il suo
numero di cellulare! Con questo proposito decisi accettare l’appuntamento, ma
ciò non si rivelò una buona idea: come avrei potuto parlare di un’altra con una
ragazza che ha occhi solo che per te? Alla fine, quando la riaccompagnai a
casa, misi bene in chiaro la situazione, nel caso si stesse facendo strane
idee, affermando che ero troppo giovane e che non mi andava di impegnarmi con
nessuna ragazza. Maria sembrò delusa, ma non disse nulla.
A questo punto ero sollevato per essere
uscito da questa situazione, anche se non avevo fatto nessun passo avanti con
Beatrice, la quale continuava a rivolgermi solo un saluto alla mattina e uno
dopo le lezioni (sempre che se ne ricordasse!). Ora però la mia attenzione
stava cadendo sulla seconda amica di Beatrice, Lucia. Se con Maria avevo
fallito, forse da Lucia sarei riuscito a ottenere qualcosa! Così, due settimane
dopo l’uscita con Maria, invitai Lucia a uscire. La ragazza sembrò sorpresa dal
mio invito, ma non rifiutò. Uscimmo una domenica pomeriggio e andammo al
cinema. Dopo il film cominciai a parlarle in generale dei miei amici, dissi che
con loro mi trovavo molto bene e le chiesi se anche lei stesse bene con le sue
amiche. Mi rispose di sì, e io, facendo lo svampito, le chiesi di dirmi i nomi
della sue amiche e, quando Lucia nominò Beatrice, le domandai sorpreso se per
caso quella Beatrice fosse proprio la mia compagna di classe e, alla sua
risposta affermativa, le chiesi se cortesemente mi poteva dare il suo numero di
cellulare perché dovevo chiederle un aiuto con i compiti di matematica. Ecco:
finalmente ce l’avevo fatta! Ero lì, tutto contento e trionfante quando, senza
nemmeno rendermene conto, vedemmo Maria, più infuriata che mai, correre verso
di noi: raggiunse Lucia, le diede uno schiaffo e cominciò a urlare dicendo che
la sua amica era una traditrice e che adesso aveva capito perché io non avevo
voglia di impegnarmi con lei. A questo punto Lucia diede uno spintone a Maria
gridando che ero stato io a invitarla fuori e che non c’era niente tra di noi,
e poi continuarono a gridare insultandosi a vicenda e rinfacciandosi ogni cosa
venisse loro in mente quel momento. E io ero lì, che non sapevo che pesci
pigliare: come avrei potuto ora richiedere a Lucia il numero di cellulare?
Decisi che per me era giunto il momento di tagliare la corda, mormorai un
saluto che probabilmente nemmeno sentirono e corsi al sicuro verso casa.
Pensavo che la storia si fosse conclusa e che il giorno dopo non ci sarebbero
state conseguenze, ma sfortunatamente mi sbagliavo.
Il giorno seguente, infatti, non appena
varcai la soglia della classe, Beatrice venne subito verso di me con fare
battagliero. Non feci nemmeno in tempo a constatare ciò, che subito cominciò a
urlarmi contro dicendomi che ero un arrogante e un presuntuoso, che avevo
giocato con i sentimenti delle sue migliori amiche e che ora, per colpa mia,
non si parlavano più. A ciò seguì una lunga serie di insulti. Poi, quando ebbe
finito la sua sfuriata, se ne tornò al suo banco, giusto in tempo per l’inizio
delle lezioni. Cercai di concentrarmi sulle spiegazioni degli insegnanti, ma la
mia mente vagava altrove: mentre Beatrice urlava da una parte ero contento,
visto che finalmente si era rotto il ghiaccio tra di noi, ma d’altra parte
quello che mi aveva urlato non corrispondeva con quanto avevo sognato che ella
mi dicesse! Aveva ragione: avevo combinato proprio un bel pasticcio, se solo
avesse saputo la verità! Se solo avesse capito che avevo cercato un modo
discreto per avvicinarmi a lei evitandole un mucchio di pettegolezzi, forse si
sarebbe ricreduta sul mio conto. Ma oramai non potevo fare nulla, e da quel
giorno smise per sempre di salutarmi.
Cosa avrei potuto fare ora? Come avrei
potuto fare amicizia con lei se ora nemmeno più mi rivolgeva un saluto, saluto
che per me rappresentava una salvezza nel mezzo delle mie solite incombenze
quotidiane? Ci rimuginai sopra per molto tempo, senza trovare una soluzione,
fino a quando, un giorno, ebbi come una folgorazione: Beatrice poteva anche non
salutarmi più, però continuavo a vederla tutti i giorni a scuola e per le vie
della città, la sua sola presenza mi avrebbe aiutato a superare quel momento
difficile e a tramutare il mio dispiacere in testi musicali destinati alla sua
lode! Decisi di mettermi subito all’opera, tanto più che in quel periodo io e
la mia band avevamo bisogno di nuovi testi per partecipare a un concorso
locale. Preso da una sfrenata ispirazione composi più di dieci brani, che i
miei amici accolsero con grande entusiasmo. A questo punto la faccenda sembrava
essersi sistemata, a me bastava vederla e lodarla con la mia musica per essere
felice, ma il destino non aveva ancora finito di sconvolgermi. In un giorno di
fine maggio, quando varcai la soglia della classe, vidi vuoto il banco di
Beatrice e subito dopo la professoressa ci diede una notizia che mi lasciò
senza fiato: la ragazza aveva dovuto cambiare improvvisamente città a causa del
lavoro di suo padre. A questo punto ripiombai nella disperazione: come avrei
potuto parlare di lei, se costei non c’era più? Come avrei fatto a trarre
ispirazione dalla sua presenza se questa mi era negata? Cercai di scoprire in
quale posto si fosse trasferita, ma non riuscii mai a scoprirlo. Le uniche a
saperlo erano le sue due migliori amiche, che però si guardarono ben bene dal
dirlo in giro, in quanto Beatrice le aveva intimate di non dire nulla a
nessuno. Nemmeno i miei genitori seppero nulla perché ormai da tempo avevano
perso i contatti con la sua famiglia. E in più cominciavo pure a perdere
l’ispirazione per scrivere i miei brani, visto che la mia musa ispiratrice non
c’era più! Cercai di trovarne un’altra e per un po’ frequentai la mia amica
Sofia, ma dopo poco tempo capii che non era la stessa cosa. Dovevo cercare di
dimenticarla, ma non volevo che il tempo mi portasse via definitivamente il suo
ricordo. Bisognava trovare una soluzione, dovevo compiere qualcosa di grande,
un qualcosa che nessun ragazzo avrebbe mai fatto per la propria amata.
Sono passati molti anni da quel giorno:
adesso vivo a Ravenna, con mia moglie Gemma e i miei figli Jacopo, Pietro e
Antonia, ma non ho dimenticato l’ispiratrice della mia giovinezza. In questo
arco di tempo ho lavorato molto, ma non a un testo musicale, bensì a uno
letterario. In esso ho cercato di unire il mio interesse per Beatrice con la
mia passione per i classici: in compagnia del mio amico Virgilio racconto la
storia di un lungo viaggio che compii in un periodo buio della mia vita per
essere salvato dal mio amore di gioventù. Ho deciso di intitolare Commedia la mia storia per sottolinearne
il lieto fine, e proprio ora l’ho appena pubblicata su internet su un sito di
self-publishing.
Non so se riuscirò a vendere qualche
copia, di questi tempi non è facile ottenere successo, però credo molto nel
valore di quest’opera e spero non solo che possa essere apprezzata, ma anche
che possa diventare famosa in modo tale che il mio amore per Beatrice possa
essere celebrato in eterno.