Cari lettori, iniziamo la settimana con una nuova intervista, questa volta dedicata allo scrittore Alessandro Dainotti e alla sua opera "Un giorno qualunque": buona lettura!
1. Ciao Alessandro, benvenuto nel mio blog! Per iniziare a conoscerci raccontaci un po’ di te.
Ciao
Ariel e grazie per il benvenuto. Che dire? Sono siciliano di nascita,
romano di adozione e londinese per dovere. Amo leggere, andare al
cinema, giocare all xBox, bere in compagnia dei miei amici, spendere la
domenica in compagnia della famiglia. Sono disordinato, distratto e
penso sempre a troppe cose contemporaneamente.
Ho
iniziato a scrivere quando avevo 22 anni. C’era l’idea per una storia
che mi girava in testa da molto tempo e non riuscivo a sbarazzarmene,
così ho pensato che l’unica soluzione era quella di buttarla su carta,
di darle un senso con le parole scritte e non più con quelle che mi
ruotavano in mente. Dopo un paio di giorni dal quel momento, mi sono
ritrovato in mano le prime pagine di quello che credevo sarebbe stato il
mio primo romanzo. Purtroppo non l’ho terminato, ma so che è in attesa
di essere ripreso.
“Un
giorno qualunque” è nato durante un viaggio in treno. Mi trovavo in un
periodo poco sereno della mia vita e sentivo la necessità di
riprendermi, ma non sapevo quale strada imboccare. Ho preso carta e
penna ed ho iniziato a scrivere una lista delle cose che non andavano
bene. A queste ho aggiunto una breve descrizione dei motivi per cui
quelle cose non funzionavano e in pochi attimi ho avuto un breve
resoconto dei miei ultimi mesi, che ho visto come una storia
indipendente da me. A quel punto mi è subito venuto in mente il finale
che volevo per quella storia e ho cominciato a scrivere l’incipit del
romanzo.
Volevo
un personaggio in cui ogni lettore si potesse riconoscere senza
difficoltà, per questo sono stato attento a non dargli una
caratteristica in particolare. Adriano vive una vita comune a molte
altre persone e fa scelte in cui tanti si riconoscono. Questo è uno dei
motivi per cui il lettore arriva ad amare Adriano e, verso la fine del
romanzo, a odiarlo quasi completamente. Sono due sentimenti del tutto
discordanti, che non mi sarei mai aspettato, ma molti lettori si
accomunano nelle ragioni del loro giudizio.
Uno
dei miei personaggi secondari preferiti è Bruno, il migliore amico di
Adriano. Lui è l’unico che non si prende mai sul serio. Affronta la vita
con leggerezza e trova sempre il lato positivo in ogni situazione.
Tutte le volte in cui fa la sua apparizione nella storia, il lettore
sorride per le battute che Bruno dice o per le situazioni paradossali in
cui va a cacciarsi. Tutto ciò può farlo apparire come un personaggio
banale e frivolo, ma non è così. Quando sarà il momento di mostrare il
coraggio, Bruno sarà in prima linea, pronto a difendere la verità anche a
costo di mettersi contro le persone a cui vuole bene.
Sono
molte le tematiche che ho voluto affrontare: immigrazione, amore, crisi
(economica e generazionale), omosessualità. Sono tutte tematiche che
sento vicine e che coinvolgono in pieno il periodo storico che stiamo
vivendo. Nella mia scrittura mi piace raccontare il mondo per come lo
vivo e lo vedo io. Mi piace il pensiero di poter fornire ai lettori dei
punti di vista che prima non avevano preso in considerazione.
7. Tre aggettivi per descrivere il tuo libro.
Attuale, introspettivo, agrodolce.
8. C’è uno scrittore, o anche più di uno, al quale ti ispiri quando scrivi?
9. Com’è il tuo rapporto con il pubblico? Hai tenuto delle presentazioni?
10. Ti piacerebbe continuare a scrivere e a pubblicare? Hai in cantiere qualche altro progetto?
Adoro
Michael Cunningham e Anne Rice. Sono due scrittori che ammiro
profondamente; il primo per la capacità di cogliere l’attimo nelle vite
dei suoi personaggi, la seconda per la poesia della sua voce narrante.
Mi ispiro a loro due come modelli di scrittura a cui vorrei arrivare,
anche se il mio stile è molto diverso dal loro, soprattutto nelle
descrizioni.
“Un
giorno qualunque” mi ha portato in diverse città e in diverse
situazioni, ognuna della quali con un pubblico diverso. La prima
esperienza in assoluto è stata la Fiera del libro di Firenze. Prima di
allora non mi ero mai confrontato con il pubblico e devo ammettere che è
stata un’emozione grandissima, soprattutto considerando la mia
timidezza di base. Il primo giorno ero una statua di sale, poi ho
imparato a sciogliermi e ad approcciare le persone. Le presentazioni
sono diverse; sai che le persone sono venute apposta per te, e questo ti
fa venire l’ansia da prestazione. Ma anche lì é questione di istanti:
bisogna inspirare a fondo e far parlare il cuore.
Certo!
Dalla pubblicazione de “Un giorno qualunque” mi sono preso un paio di
mesi di sosta per dedicarmi alla promozione del libro. Da poco mi sono
rimesso a scrivere su un nuovo progetto, che spero di terminare in breve
tempo. Stavolta i personaggi principali saranno due: una madre
divorziata e una bambina. Voglio mettere a confronto due generazioni
diverse e due modi di vivere il proprio corpo secondo stereotipi sociali
opposti.
E con quest'ultima risposta ringrazio Alessandro per il tempo dedicatoci e vi dò appuntamento alla prossima intervista!
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