Cari lettori, iniziamo la settimana con l'intervista allo scrittore Pietro De Sarlo, ingegnere di origini lucane e opinionista di varie testate giornalistiche, come Basilicata24, Scenari Economici e Il giornale lucano. Nel 2010 ha pubblicato il saggio "Si può fare!", incentrato sull'emergenza economica e ambientale derivante dalle estrazioni petrolifere e sulla possibilità di sviluppo economico e sociale della Lucania. Nel 2016, invece, con la casa editrice Europa Edizioni, ha pubblicato il romanzo "L'Ammerikano", sul quale ruota l'intervista di oggi:
1) Chi è Pietro nella vita di tutti i giorni?
Un uomo che
riesce a fare meno cose di quelle che vorrebbe. Con tante curiosità da
soddisfare e poco tempo a disposizione. Mi appassiona la storia, quella del
medio evo in particolare. Quando per fuggire dalle invasioni dei saraceni sono
stati fondati i nostri borghi montani, che tornano alla nostra memoria solo
quando sono distrutti dai terremoti. Borghi che nascondono bellezze
architettoniche e paesaggistiche sorprendenti e dove risiede buona parte del
nostro DNA di contadini e montanari. Borghi che sono abbandonati dalla nostra
cattiva coscienza, prima che a causa dei tanti disastri naturali. Poi amo la
vela e il mare e andare in moto per le strade meno frequentate della nostra
penisola. C’è anche una attività lavorativa piena e impegnativa e la voglia di
raccontare le tante possibilità di sviluppo di questo Paese e del sud in
particolare.
2) Quali sono le caratteristiche de “l’Ammerikano”,
il protagonista che dà il titolo al tuo romanzo?
Wilber Boscom,
l’Ammerikano del romanzo, è un eroe del nostro tempo. Un essere solitario che
attraversa la propria vita quasi osservandola dall’esterno. Un uomo che cerca
di sfuggire al proprio triste destino non riuscendo mai a liberarsene. Cerca
nelle proprie radici conforto e speranza e una ragione di vita. E’ un uomo post
moderno che incarna la sostanziale solitudine con cui, a dispetto dei tanti e
potenti strumenti di comunicazione che la contemporaneità ci offre, si affronta
la vita oggi. A lui si contrappone la coralità della comunità di Monte Saraceno
che vive invece quasi isolata dal mondo e dal tempo e dove ogni episodio, per
quanto insignificante possa essere, assume una dimensione collettiva. Tra gli
abitanti di questo piccolo paese spicca Vincenzo, che, al contrario di Wilber,
è soffocato dai tanti affetti e riferimenti che gli ruotano attorno.
3) Ti va di raccontarci qualcosa sui personaggi
secondari?
Sono gli
archetipi riconoscibili degli abitanti di ogni piccola comunità. Come il
sindaco, un politico un po’ cialtrone e inconcludente, il maresciallo dei
carabinieri, che pur essendo una autorità è in cerca anche lui della benedetta
raccomandazione per migliorare la propria condizione di vita, il parroco,
ondivago tra i doveri della Chiesa e l’inciucio politico, Giovannino, meccanico
tutto fare e Rosa la moglie insoddisfatta e frustrata di Vincenzo. Personaggi
che conosciamo tutti e che non possiamo non amare a dispetto dei loro evidenti
limiti e delle loro piccole e quotidiane vigliaccherie. Vigliaccherie
riconoscibili specialmente nel rapporto con il potere, da cui si aspettano la
soluzione dei loro problemi individuali. Un aggregato di persone che non
diventa mai una vera comunità ma solo una sommatoria di piccoli interessi.
4) Quali sono le tematiche principali affrontate
nella storia?
Sottotraccia
in tutto il romanzo c’è il rapporto tra destino e volontà. Sia che si tratti
dell’individuo, sia che si tratti della collettività. Come l’Ammerikano pare
incapace di deviare il corso della propria vita, così la comunità di Monte
Saraceno pare incapace di ribellarsi al proprio declino. Tra i temi che mi
appassionano c’è anche la politica e l’economia dei territori. Sono lucano,
quindi il figlio di una terra ricca di risorse, come acqua, sole, vento,
petrolio, e piena di bellezze naturali e in una posizione geografica
invidiabile. Perché una terra così ricca è tra le più povere d’Italia e
d’Europa? Perché c’è un rapporto tra la collettività e la politica così
malsano? Credo che molto dipenda dalla questione irrisolta posta da Banfield il
secolo scorso sul ‘familismo amorale’ che dalla Lucania sembra essersi diffuso
in tutto il Paese, o forse dall’individualismo degli italiani che è, come
sosteneva Weber, figlio della morale cattolica. Mi piace pensare che leggendo
il mio romanzo il lettore faccia qualche riflessione su questi interrogativi.
5) Che ruolo gioca l’ambientazione nello svolgersi
delle vicende?
In un romanzo
dove c’è la ricerca delle proprie radici e la nostalgia delle proprie origini,
l’ambientazione è parte integrante del racconto. In questo caso ho voluto
giocare non solo con le contrapposizioni temporali ma anche geografiche e
quindi mettere a confronto il freddo mondo post moderno dell’America di Wilber
a quello perennemente immutabile del sud Italia.
6) Sono presenti elementi autobiografici o comunque
tratti dalla vita reale?
Ho attinto
molto ai ricordi della mia comunità di origine e della mia famiglia in termini
di ambientazione più che di fatti specifici. Di autobiografico c’è una vita
vissuta con i piedi nell’800 e la testa nella modernità. C’è la lacerazione di
chi ha lasciato il proprio paesello di montagna negli anni settanta per
affrontare una vita tra riunioni, spostamenti veloci e continui e una carriera
manageriale importante. Alla fine ci si
sente spaesati e senza sentirsi veramente a casa da nessuna parte.
7)Cosa diresti ai lettori per convincerli a
leggere il tuo romanzo?
Nei miei tanti
viaggi solitari i libri mi hanno fatto sempre buona compagnia e credo che il
mio libro assolva a tale scopo. Ho avuto molte recensioni e, salvo un paio di
eccezioni, sono tutte molto positive. Ho ricevuto anche il premio speciale
della giuria al concorso letterario Argentario 2017 e l’Ammerikano ha vinto il
primo premio della giuria tecnica del concorso letterario, riservato ai romanzi
d’esordio, Raffaele Artese – Città di San Salvo. Vorrei che i miei personaggi
rimangano a lungo nel cuore e nella memoria di chi legge il mio racconto e
molti lettori mi dicono che così è.
8) Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
Tre mesi a
scriverlo e quasi un anno a riscriverlo per quattro volte.
9) Dopo esserti dedicato alla scrittura
giornalistica e saggistica come mai hai voluto scrivere un romanzo?
Sentivo il
bisogno di una dimensione diversa. Mentre nella scrittura di un saggio o di un
articolo si esprime un preciso punto di vista e si danno, o si cerca di dare,
risposte in un romanzo c’è la possibilità di affrontare gli stessi temi senza
essere prescrittivi o espliciti. Chiarisco. Se nel mio saggio ‘Si può fare!’
spiego come sia possibile sviluppare l’economia lucana utilizzando le leve
della politica e dell’economia, nel romanzo ‘L’Ammerikano’ mi interrogo sulla
sociologia che rende impossibile questo sviluppo.
10) La scrittura di un romanzo è stata una scelta
isolata o ti piacerebbe scriverne altri?
Ho iniziato a
scrivere un giallo ambientato a Roma e sto studiando la storia lucana del
periodo dell’Unità d’Italia per il prequel dell’Ammerikano e credo scriverò
anche il sequel.
Non ci rimane che augurare allo scrittore un buon lavoro per i suoi numerosi progetti!
Complimenti per la bellissima intervista, ariel! Le risposte dell'autore incoraggiano a leggere il romanzo, che tra l'altro ho molto apprezzato e consiglio!!
RispondiEliminaGrazie Angela :-)
EliminaCiao!! Complimenti per l'intervista! Non conoscevo né autore né libro, e ne sono incuriosita!! :-)
RispondiEliminaCiao Silvia, in effetti le parole dell'autore incuriosiscono il lettore ;-)
Elimina