Cari lettori, come ogni lunedì, ecco il nuovo capitolo della mia breve storia per bambini. Il capitolo che vi presento oggi è il terzo e s'intitola "Vorrei una bambola", nel quale Amina cercherà di rispondere alla domanda contenuta nel misterioso messaggio: che cosa desidera?
Quella sera Amina fece
fatica ad addormentarsi, perché continuava a pensare a quel misterioso
messaggio. Era stato scritto con un inchiostro blu e con una calligrafia
grande, dall’andatura decisa e marcata. Non sembrava quella di un bambino,
forse più di una giovane donna. E se invece si fosse trattato di un ragazzo,
magari uno studente universitario come Martina?
Dopo lo stupore
iniziale Amina si era accorta che assieme al biglietto era stato aggiunto un
francobollo. La bambina sapeva di cosa si trattava, perché glielo aveva
insegnato proprio quell’anno la loro maestra, la signorina Merisi, una donna
che aveva da tempo superato i sessant’anni e che aveva ritenuto opportuno insegnare
ai suoi giovani alunni come si faceva a scrivere una lettera.
«Lo so che ormai non
si usa più» aveva spiegato loro con la sua vocetta stridula «ma scrivere una
lettera è una cosa magica, che purtroppo oggi ha perso la sua importanza, ma
che non per questo ha meno fascino. Vi auguro di trovare un amico di penna,
prima o poi, è un’esperienza che di certo non potrete mai dimenticare» aveva
concluso sospirando, forse perché nella memoria le era riapparso un evento del
suo passato, magari un amore di gioventù.
Fatto sta che Amina
aveva seguito con interesse la sua lezione e, anche se la maestra Merisi le metteva
un po’ di soggezione, in quella calda serata estiva, non poté che ringraziarla con il pensiero, per
averle dato le conoscenze necessarie per poter rispondere a quella misteriosa
domanda.
Ma lei era proprio
così sicura di voler rispondere a quella lettera? E se sì, che cosa avrebbe
potuto scrivere?
Certo, anche lei
voleva un’amica come quella persona misteriosa, anche se, in verità, lei di
amiche ne aveva, ma purtroppo erano tutte lontane. E non si trattava solo della
cugina Aisha, ma anche di Fatima, di Jasmine, di Amal, e pure di Abir, che
considerava tale nonostante una volta avesse litigato con lei a causa di
Hassan, un loro compagno di classe che stava simpatico a entrambe. Chissà ora
dov’erano finite: di Aisha sapeva solo che era rimasta in Libia, ma che si era
trasferita in una città più sicura, che non era stata ancora invasa dalle
truppe nemiche, mentre delle altre amiche non aveva più avuto notizie. Era
passato così tanto tempo che a volte Amina faceva fatica a ricordare i tratti
dei loro volti, e sentiva che il loro ricordo si stava affievolendo sempre di
più. “Le amiche sono importanti, con loro ho passato molti bei momenti: ci sono
andata a scuola; ho giocato a palla per le vie del mio paese; ho scambiato
giocattoli e segreti; ma se spariscono poi ti senti sola lo stesso, anche se
sai di averle” pensò amareggiata “e per questo io non voglio un’amica, preferisco
una bambola, una bella bambola che possa farmi compagnia e non lasciarmi mai
sola, nemmeno quando vado a dormire o quando mi viene la voglia di ritornare
nel mio paese. Una bambola con la quale mi posso divertire a creare storie ma
anche a pettinare e a vestire”.
Fu con questa
consapevolezza che la bambina si addormentò: finalmente, aveva trovato una risposta
alla strana domanda del messaggio misterioso.
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