mercoledì 25 maggio 2016

Maggio: Lessico familiare

Cari lettori, questo mese ho deciso di leggere e recensire l'opera più famosa della scrittrice Natalia Ginzburg: "Lessico Familiare". E' la prima opera che leggo di quest'autrice: era da un bel po' che avevo voglia di iniziare questo romanzo e la spinta giusta è arrivata non solo dalla mia rubrica di classici, ma anche da Angela del blog "Chicchi di pensieri", della quale qualche mese fa ho apprezzato la sua entusiastica recensione.

In questo romanzo l'autrice racconta la storia della propria famiglia, senza censure nè abbellimenti. Facciamo così la conoscenza del padre, un uomo di scienza, professore universitario e grande amante della montagna: una persona dal carattere un po' burbero, in netto contrasto con la moglie, che invece preferisce passare il suo tempo con le amiche e andare al cinematografo e che sentirà molto la solitudine quando i suoi figli, progressivamente, abbandoneranno il nido familiare.

La scrittrice si sofferma a descrivere anche la vita dei suoi numerosi fratelli: Gino, il più simile al padre, che andrà a lavorare nella famosa fabbrica degli Olivetti; Paola, molto legata alla madre e al fratello Mario, la cui vita si legherà anch'essa con quella dei famosi industriali dei Ivrea; Mario il quale, durante il periodo del fascismo, sarà costretto a lasciare di soppiatto l'Italia, e Alberto, un ragazzo ribelle, in perenne conflitto con Mario e con il padre ma che, alla fine, sorprenderà tutta la famiglia per la sua scelta di vita. Natalia è la figlia minore, una persona silenziosa e un po' schiva, che osserva tutte le dinamiche familiari con estrema attenzione e senso critico.

Alle vicende della famiglia, inevitabilmente, si legano gli eventi storici, a partire dall'avvento del fascismo. Leggendo il romanzo si apprende che è stata proprio la famiglia di Natalia a nascondere il comunista Turati perseguitato dai fascisti e che il padre sarà incarcerato assieme a Gino perchè ritenuto complice della fuga di Mario. Ma anche Alberto poi subirà lo stesso trattamento perchè sospettato di essere antifascista. In seguito la scrittrice narrerà gli orrori della guerra e dei bombardamenti e il continuo peregrinare per l'Italia, nella quale subirà periodi di confino con il marito Leone Ginzburg. Nell'opera sono presenti anche riferimenti a personaggi di spicco della cultura letteraria ed editoriale dell'epoca, come Giulio Einaudi e Cesare Pavese.

Il tutto viene narrato con uno stile semplice, fluido, senza fronzoli, basato su una sottile ironia e sull'estrema sincerità dei fatti raccontati, che non seguono una scansione tematica, ma sembrano nascere spontaneamente in base ai ricordi dell'autrice. L'unico aspetto che mi ha lasciato un po' perplessa è stata la poca importanza che la Ginzbrug ha riservato alla descrizione del rapporto con suo marito, nella quale non traspare il minimo segno d'amore e di romanticismo, che mi ha fatto pensare o a una sorta di pudore dell'autrice o un rapporto non ben consolidato.

Mi preme inoltre sottolineare l'estrema originalità del filo conduttore di tutta la storia, ovvero le parole e il loro potere: il titolo del romanzo si riferisce infatti a quei termini e a quelle espressioni che l'autrice riconosce peculiari della propria famiglia, tanto da riuscire a delineare una sorta di "vocabolario", comprensibile solo dai suoi componenti. A questo proposito vi trascrivo un passo tratto dal libro che, a mio parere, può condensare quanto scritto:

Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. [...]. Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro noi fratelli, nel buio d'una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assito-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corriosione del tempo.

Ancora una volta ci troviamo di fronte a uno dei temi più affascinanti, secondo il mio parere, della letteratura: il ruolo delle parole e la loro forza eternatrice, capace di far sopravvivvere, secondo l'autrice, anche il nucleo essenzionale di una famiglia, che con il tempo si è disgregata per formarne delle nuove. 

Mi sento di consigliare molto la lettura di quest'opera, che ho apprezzato per le sue molteplici sfaccettature, come il suo essere viva testimonianza della vita della scrittrice (che ho potuto così conoscere anche dal punto di vista biografico) ma anche per i numerosi riferimenti storici e culturali presenti nel testo, oltre che per il filo conduttore dell'intero romanzo e lo stile semplice ma accattivante.

6 commenti:

  1. Questo romanzo è stato uno dei regali del mio recente compleanno e non vedo l'ora di leggere. La tua recensione ha acuito questo desiderio :) Un abbraccio

    RispondiElimina
  2. ariel grazie per la citazione! :=) lieta di averti invogliata a leggere questo libro, che, come sai, ho molto apprezzato

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Di nulla! E' stata veramente una piacevolissima lettura :-)

      Elimina
  3. Amo i libri storici e questo mi incuriosisce molto. Ho gia sentito parlare di Leone Ginzbrug ma non ricordo dove! Vado subito a controllare!!
    Una recensione davvero interessante!!come sempre :):):)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Leone Ginzuburg è stato un traduttore, forse hai letto qualche libro su cui ha lavorato...
      Grazie per i complimenti :-)

      Elimina