Cari lettori, la recensione di oggi è dedicata al romanzo "La regola dell'ortica", scritto da Nunzia Scalzo ed edito da Feltrinelli.
Di fronte a quell'incarico legato a un cold case, la nostra protagonista proverà a sfoderare tutte le sue competenze in ambito grafologico, e non solo. Aiutata dall'amico e giornalista Domenico darà il via a un'indagine che la porterà a inquadrare meglio il contesto in cui viveva la vittima. Dalle nozze con Andrea Longo, aspirante cardiochirurgo, alla sofferenza causata da un aborto e dalla difficoltà di diventare madre; dallo stretto rapporto con l'amica Evelina alla violenta litigata con il marito pochi istanti prima di morire...
Intercalati ai capitoli che raccontano le indagini della grafologa, il lettore potrà immergersi ancora di più nel contesto della Catania del 1965 grazie ad altre parti che narrano la vicenda della misteriosa morte di Norma dal punto di vista delle persone che gravitavano attorno all'esistenza della vittima, come il marito, l'amica, i parenti. In questo modo passato e presente si alternano in una trama che coinvolge il lettore fino ai capitoli finali.
Quando ho scoperto l'esistenza di questo romanzo, ho subito prenotato una copia in biblioteca in quanto da sempre molto attratta dalla grafologia e per questo curiosa di cimentarmi con una storia che ruotasse attorno a questa disciplina. Da questo punto di vista mi è piaciuto molto seguire le indagini della protagonista e le parti più tecniche sono narrate in modo fluido, senza annoiare o appesantire la narrazione. Anche il contesto è ben delineato, così come ho trovato azzeccato il significato del titolo e l'inserimento di diversi punti di vista.
Purtroppo, però, pur rimanendo coinvolta dal caso di Norma dal primo all'ultimo capitolo, devo ammettere che lo stile con cui è stato scritto questo libro non ha soddisfatto le mie aspettative. Tutti i personaggi della storia, sia dell'intreccio presente sia di quello passato, sono logorroici, pronunciano discorsi infiniti e interagiscono pochissimo con i loro interlocutori. Avrei capito se questa fosse la peculiarità di uno, ma purtroppo quasi tutti presentano questa caratteristica. Inoltre, pronunciano diverse parole in dialetto siciliano: per alcune il significato è facilmente comprensibile per altre no, e per chi come me abita al nord è stato impossibile capirle tutte. Sempre a proposito dei dialoghi, molti purtroppo mi sono sembrati troppo artificiosi, anche quelli di persone appartenenti a uno strato sociale più basso, e in un capitolo (in cui un personaggio inizia a parlare come se fosse un altro con una precisione allucinante) sono talmente surreali da risultare quasi fastidiosi.
Nelle ultime pagine vengono gettate le basi per un secondo volume, ma
devo ancora decidere se proseguire o meno con quella che ha tutte le
intenzioni di diventare una serie. Le caratteristiche stilistiche di cui vi ho appena parlato non mi hanno fatto apprezzare il romanzo così tanto come mi aspettavo perciò, sebbene la storia legata alle indagini sia molto avvincente e dai risvolti non banali, non mi sento di consigliarvi pienamente la lettura di questo libro, ma di promuovervela con riserva.

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