sabato 30 gennaio 2016

I giorni della merla

Buon sabato a tutti, oggi vorrei dedicare questo post ai cosiddetti "giorni della merla" (29-30-31 gennaio), conosciuti da tutti come i tre giorni più freddi dell'anno (a parte qualche eccezione, tipo quest'anno!).

Su questo periodo trapelano molte leggende: la più famosa è quella della merla che da bianca divenne tutta nera (oltre che con il becco grigio) per essersi riparata dal freddo pungente in un camino. Ma non tutti però ne conoscono gli antefatti: pare che all'epoca gennaio avesse solo 28 giorni e che, proprio alla fine del mese, la celeberrima merla abbia osato cantar vittoria per il freddo ormai alle spalle. Gennaio, però, infastidito da queste esultanze, chiese tre giorni a Febbraio, e una volta ottenuti  questi si divertì a sconvolgere il clima con il suo freddo pungente, neve e tormente. Da qui il  motivo per cui la merla cercò rifugio nel camino.

Su un sito intenet, però (http://www.meteoweb.eu/2016/01/i-giorni-della-merla-tra-leggende-e-storie-intramontabili/625150/) ho trovato anche un'altra leggenda, meno antica della precedente, ma anch'essa collegata a questi giorni, che vi riporto qui sotto:

Nel 1226, ma soprattutto nel 1233, il Po, i corsi d’acqua e gli stagni rimasero gelati per quasi tutti i mesi invernali, tanto che era possibile attraversarli tranquillamente, percorrendo la crosta gelida del Po sia a piedi che con i calessi.  Due novelli sposi, tentarono l’ardua impresa di spostarsi dall’Oltrepò a Pavia, a bordo di un calesse trainato da un cavallo ma,  purtroppo, il ghiaccio si ruppe e la fanciulla, una certa Merlini, conosciuta come “la bella Merla”,  venne inghiottita dalle gelide acque del  fiume. Da quella tragica vicenda, che stroncò brutalmente e bruscamente l’amore dei due giovani, nacque la leggenda. 
 
Infine, se a qualcuno dovesse interessare approfondire l'argomento, vi segnalo questi libri, alcuni dei quali adatti non solo ai più curiosi ma pure ai bambini:



TRAMA (da amazon)

Le più belle leggende del territorio insubrico hanno come protagonisti gli animali: merli, biscioni, piccioni, pesci persici, rondini. Anche lupi e orsi, serpenti e galline. Appositamente scritte da un'esperta di leggende e tradizioni e illustrate, per piccoli e grandi.





TRAMA (da amazon)

Una favola tradizionale che spiega da dove viene il nome dei giorni più freddi dell'anno. I Giorni Della Merla è un altro libro illustrato da Haisan che piacerà ai bambini e anche alle loro mamme.

giovedì 28 gennaio 2016

Facile come innamorarsi

Bentrovati, cari lettori. Oggi vi voglio presentare la recensione di un ebook scritto da un'autrice self, ovvero "Facile come innamorarsi" di Jessica Guarnaccia.

Come si può capire facilmente dal titolo, trattasi di un romanzo rosa ambientato a Londra, che ha come protagonisti Tom e Jill, i quali ci raccontano entrambi le loro vicende tramite l'uso del doppio punto di vista.

Tom è da poco diventato caporedattore di una rivista e conosce Jill in un pub, mentre la ragazza è impegnata nell'ennesimo disastroso appuntamento al buio organizzatole dalla madre. Tra i due nasce subito una profonda attrazione e complicità, solo che entrambi, a causa di precedenti delusioni amorose, decidono di comune accordo di non far evolvere il loro rapporto in una relazione stabile e duratura. 

Nel frattempo i giorni passano, la coppia vive nuove esperienze insieme, e alle loro vite si intrecciano le vicende anche di altri personaggi, come quelle della sorella di Jill e del più caro amico di Tom, Nick, fratellastro della donna che in passato aveva spezzato il suo cuore e che forse ora vorrebbe riallacciare i rapporti con Tom. Ma anche l'ex di Jill, a un certo punto, tornerà a riaffacciarsi nella vita della ragazza, provocando in Tom una forte gelosia. 

Si può comprendere, perciò, come a un certo punto sia per il ragazzo sia per Jill sia necessario ridefinire i contorni del loro rapporto: vale la pena provare a costruire una relazione oppure no?

Ovviamente non vi voglio svelare il finale, ma mi piace concludere questo post invitandovi a leggere questo romanzo, che per me si è rivelata una lettura gradevole, leggera e con personaggi che hanno riscosso sin da subito la mia simpatia. 

mercoledì 27 gennaio 2016

Ho sognato la cioccolata per anni

Ciao a tutti, di solito aggiorno la mia rubrica di consigli il martedì e il giovedì, ma oggi ho deciso di fare un'eccezione perchè mi piacerebbe ricordare la "giornata della memoria" sul mio blog con un consiglio letterario dedicato a questa commemorazione. 
Tralasciando i libri più famosi che sono stati scritti sull'argomento, oggi mi piacerebbe segnalarvi un romanzo autobiografico che lessi alle scuole medie e che mi interessò veramente molto, perchè non c'è come chi ha vissuto questa terribile esperienza che può efficacemente raccontarla agli altri.



TRAMA (da amazon)


Trudi ha solo sedici anni quando viene rinchiusa in un campo di concentramento. Intorno a lei un mondo spietato, assurdo, crudele; dentro di lei il desiderio di non cedere alla disperazione e di continuare a sognare. Una storia di sofferenza, ma anche di coraggio, speranza e libertà. Una testimonianza che ha sconvolto il mondo.

martedì 26 gennaio 2016

Innamorarsi a Central Park

Ciao a tutti, oggi vi voglio consigliare un romanzo rosa letto un po' di tempo fa e che mi era piaciuto tantissimo: una lettura leggera, divertente e romantica, adatta a farvi compagnia nel vostro tempo libero.

TRAMA (da amazon)

Zoë ha sbagliato proprio tutto con David. Eppure lui era perfetto: un uomo affascinante e generoso, nonché stimato cardiochirurgo con una brillante carriera davanti. Lei però non è riuscita a tenerselo stretto: non si è dimostrata adulta e comprensiva e l’ha costretto a scegliere tra la loro storia d’amore e il suo lavoro.
E così David l’ha mollata e ha accettato un prestigioso incarico a New York. Zoë si ritrova perciò a passare da sola le feste natalizie, disperata e piena di rimorsi. Fino a quando un piccolo miracolo – di quelli che succedono solamente a Natale – non le offre una magica opportunità: una mattina si sveglia e scopre di essere tornata indietro nel tempo. È un’occasione d’oro: sta ancora insieme a David e stavolta è pronta a tutto pur di non farselo scappare… Ma il destino è beffardo e presto le complicherà la vita più di quanto Zoë si aspetti!

lunedì 25 gennaio 2016

Il bambino segreto

Cari lettori, oggi vi parlerò del quinto romanzo di Camilla Lackberg, anch'esso edito da Marsilio. Ancora una volta ritroviamo Erica e Patrick, oltre a tutti i personaggi a loro connessi, come i colleghi di quest'ultimo e la sorella della donna, Anna, alle prese con la sua nuova relazione con Dan e i problemi con la figlia adolescente di lui.

Il mistero di questa nuova indagine è legato alla madre di Erica, morta da qualche anno assieme al marito in un incidente stradale. La moglie di Patrick non hai compreso pienamente il temperamento della sua genitrice, così come non hai mai capito l'origine del suo essere così fredda e indifferente verso le due figlie. Ma, un giorno, dopo aver trovato in soffitta una camicina di neonato sporca di sangue e una medaglia con la svastica nazista, capisce che  la madre le ha tenuto nascosti parecchie tappe fondamentali della sua vita. 

Quando poi lo storico Erik, al quale Erica aveva affidato la medaglia per avere qualche informazione su di essa, verrà trovato morto nella sua casa, il mistero si infittirà ancora di più. Anche perchè la vittima era pure un amico della madre di Erica, così come il fratello di lui Axel, Britta (ora anziana e vittima del morbo di Alzahimer) e Frans, un uomo xenofobo e senza scrupoli. 

Indagando su più fronti si scoprirà che il gruppo di amici custodiva un segreto, il quale correrà il rischio di venire prepotentemente a galla dopo tanti anni di sotterfugi. 

Ancora una volta questa scrittrice costruisce una trama che, inizialmente, prende piede in sordina, per poi acquistare velocità e catturare il lettore fino alla fine del libro, grazie a delle scoperte sconvolgenti che, il più delle volte, riaffiorano dal passato e si mescolano al presente. 

Come già anticipatovi nelle prime righe, oltre alle indagini, ampio spazio viene riservato alle vicende private dei protagonisti, come quelle riguardanti la coppia Erica-Patrick, quest'ultimo in congedo di paternità e perciò impossibilitato nel partecipare pienamente alle indagini in corso; la coppia Anna-Dan, e le vicende sentimentali di Melberg, il capo di polizia, che, dopo la delusione amorosa descritta nel precedente volume, forse potrà riscattarsi con un'altra donna molto gentile e simpatica. E, alla fine del romanzo, proprio nell'ultima pagina, potrete gustarvi una sorpresa riguardante Erica, che di certo non ho intenzione di anticiparvi... leggete il romanzo e lo scoprirete!

Alla prossima recensione :-)

venerdì 22 gennaio 2016

Per un pugno di libri

Girovagando in internet ho scoperto che domani ricomincerà la nuova edizione di un programma televisivo molto amato, soprattutto da chi adora leggere: "Per un pugno di libri".
Peccato per l'orario poco agevole (sabato, ore 18), ma è sempre possibile rivedersi le puntate on line sul sito raireplay.

Per chi non lo conoscesse, questo è un programma basato sulla gara di due classi quinte delle superiori, che si sfidano sulle loro conoscenze di letteratura, alcune di esse basate su un libro che cambia di puntata di puntata. Quello di domani sarà il "Don Chisciotte" di Cervates. 

Conduttrice è Geppi Cucciari, della quale apprezzo molto l'ironia, assieme al Prof. Piero Dorfles che, di volta in volta, propone al pubblico alcune letture interessanti. Ma per chi dovesse cercare altre sue indicazioni di lettura, vi consiglio questo suo libro, che ho avuto il piacere di leggere qualche anno fa e che ho trovato molto interessante (ma attenzione agli spoiler!). Esso s'intitola "I cento libri che rendono più ricca la nostra vita" ed è edito da Garzanti.

Leggere ha ancora un senso? Cosa può insegnarci e come può cambiarci la vita? In questo libro Piero Dorfles ci accompagna in un viaggio nel il magico mondo della letteratura attraverso i cento capolavori che meglio rappresentano il nostro immaginario letterario condiviso e ineludibile, e traccia un itinerario che appassionerà quanti si rivolgono ai libri per studiare, insegnare e cercare di capire meglio il mondo. Raccontandoci di utopie, di desideri, di mondi fantastici e di avventure emozionanti, ci fa rivivere la lettura come un’avventura dello spirito, un’esperienza della vita e un passaggio di maturazione. Con la consapevolezza costante che più libri si hanno in comune, più grande è il sistema di riferimenti, di esperienza e di sapere condiviso che ci permette di vivere in armonia con gli altri. Da 1984 di Orwell a Se questo è un uomo di Levi, dal Conte di Montecristo di Dumas a Delitto e castigo di Dostoevskij, la lettura diventa così un’esperienza in grado di arricchire le nostre vite attraverso ponti di emozioni e saperi condivisi, capace di avvicinarci al prossimo e di renderci sensibili al mondo e al destino dell’uomo (da amazon).

giovedì 21 gennaio 2016

Le ragazze di Sanfrediano

Un saluto a tutti, stasera vi voglio consigliare un classico della letteratura italiana, "Le ragazze di Sanfrediano" di Vasco Pratolini: un romanzo breve, scorrevole e divertente, dedicato soprattutto a chi ama Firenze e i suoi quartieri popolari, sul cui sfondo ruota la beffa di alcune ragazze, tutte innamorate dell'affascinante Bob. 

TRAMA (da ibs.it)

Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall'ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano. Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, "Bob" (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.

martedì 19 gennaio 2016

Io sto con Marta

Buonasera a tutti, stasera vi voglio consigliare un romanzo che ho letto tempo fa e che mi è piaciuto molto, soprattutto per la capacità dell'autore di raccontare con ironia temi molto attuali, come l'affermazione dei giovani nel mondo del lavoro. E non manca nemmeno una dolcissima storia d'amore!

TRAMA (da amazon)

«Mi chiamo Marta Barbieri, sono siciliana, ho ventinove anni e un talento naturale per incasinarmi la vita.» Se potesse dire la verità, sarebbe così che Marta, quasi-trentenne disoccupata di Palermo, si presenterebbe al colloquio con l'editore milanese da cui spera di essere assunta. Ma si sa, ai colloqui di lavoro la verità non è un argomento da tenere in considerazione. Ai colloqui di lavoro e con i genitori. Mai. Per questo, dopo aver scoperto che la sua "grande occasione" lavorativa è in realtà una bufala di dimensioni ciclopiche, Marta decide di non dire niente ai suoi e di cercarsi un lavoro qualsiasi, in attesa di una nuova opportunità. Dopotutto a Milano tutti trovano lavoro, vero? Da aspirante editor a correttrice di bozze, da cameriera in un pub gay a gelataia in una azienda di schiavisti del cono perfetto, Marta si ritrova, dopo sei mesi di bugie e situazioni paradossali, a precipitare in una serie di eventi tanto catastrofici quanto esilaranti da cui sembra impossibile tirarsi fuori. A meno di non chiedere aiuto a un santo speciale... Armata di un gruppo di amici fedeli e di un instancabile ottimismo, Marta decide di non arrendersi e di conquistarsi il suo posto al sole in una Milano che – attraverso i suoi occhi – diventa per magia colorata e divertente. Aperitivi, palestre, eventi culturali cui "non si può mancare" e fretta patologica sono solo alcune delle sfide metropolitane con le quali dovrà fare i conti. E non dovrà sottovalutare nemmeno l'incontro con un ragazzo decisamente sorprendente... Ma in fondo la vita può essere meravigliosa anche quando è incasinata. O no? Giorgio Ponte ci regala una commedia che parla di noi, della complessità dell'esistenza per le strade delle nostre città, della sfida quotidiana di un'intera generazione alla ricerca di un lavoro dignitoso, del diritto che ciascuno ha di guardare al futuro con fiducia: e lo fa con una freschezza e un'ironia contagiose, frutto di un lavoro attento e paziente sui personaggi e sulle parole per raccontarli. Senza moralismi, con allegria e sapienza, questo romanzo fotografa il nostro mondo e ce lo restituisce illuminato di una luce nuova: così che, a lettura finita, viene voglia di gridare con entusiasmo Io sto con Marta!

lunedì 18 gennaio 2016

Il paradiso delle signore

Ebbene sì, pur non essendo una grande amante della televisione, ogni tanto mi diverto a seguire qualche fiction televisiva. Al momento ne sto guardando una che mi sta piacendo veramente tanto e che si intitola "Il paradiso delle signore".

La storia è ambientata alla fine degli anni cinquanta, a Milano, e protagonista è Teresa, una ragazza di origine meridionale che, dopo varie peripezie, è riuscita a ottenere il lavoro di commessa presso il prestigioso negozio chiamato, appunto, "Il paradiso delle signore".

Questo è gestito da Pietro Mori, un uomo affascinante ma che nasconde alcuni segreti risalenti al periodo della seconda guerra mondiale e che ora sta cercando di proteggersi da questi attraverso il suo fidanzamento con Andreina, una ragazza molto ricca, figlia di un banchiere che potrebbe rovinarlo proprio a causa di questi misteri.

Pietro e Teresa si innamoreranno l'uno dell'altra ma il loro amore sarà ostacolato proprio da questo fidanzamento "d'interesse". Inoltre la giovane dovrà fare i conti anche con il dongiovanni Vittorio (che, nel negozio, si occupa della pubblicità), il quale comincerà a corteggiarla in modo galante e, soprattutto, con il suo ex fidanzato, giunto dal Sud per convincerla a ritornare insieme, con le buone o con le cattive.

A questa storia poi si uniscono le vicende delle altre commesse: Lucia, che deve nascondere a tutti il fatto di essere sposata per non perdere il lavoro; Silvana, ragazza che sogna di fare l'attrice e Anna, che si innamorerà dell'uomo sbagliato, rimandendo da lui incinta (e, ovviamente, abbandonata). Per non parlare della tresca amorosa tra la direttrice delle commesse (alla quale è stato sottratto un figlio da giovane) e il capo del magazzino che, di nascosto, si dedica al contrabbando di sigarette.

Stasera daranno in onda la terz'ultima puntata della serie e sono curiosa di sapere come proseguirà la fiction, che apprezzo molto anche per quanto riguarda l'atmosfera "anni cinquanta", abbigliamento di attori e attrici compreso.

Dando un'occhiata in internet mi sono accorta che questo sceneggiato è tratto da un romanzo  di Emile Zola, dal titolo "Al paradiso delle signore". Pare che la vicenda non sia troppo uguale alla fiction (per esempio, nel libro la storia si svolge a Parigi), ma credo che possa essere una lettura piacevole per fare un salto nel passato e immedesimarsi in un mondo molto distante dal nostro.
Nell'immagine è riprodotta la copertina di una delle tante edizioni in commercio. Chissà che non diventi una delle mie prossime letture...

A presto e, se lo volete, scrivetemi le vostre opinioni!



domenica 17 gennaio 2016

17 gennaio: S. Antonio Abate

Cari lettori, non so da quali parti d'Italia mi stiate leggendo: io abito in provincia di Milano e dalle mie parti il 17 gennaio è il giorno in cui viene tradizionalmente acceso il cosiddetto "falò di S. Antonio", per celebrare la ricorrenza di questo Santo nel calendario.

Così, oggi ho deciso di scrivere questo post raccontando un po' la sua storia e parte della tradizione a esso correlata. 
Dovete sapere che S. Antonio Abate era originario dell'Egitto e che, comunemente, viene chiamato "S. Antonio del purscell" per distinguerlo da S. Antonio da Padova. Egli trascorse la maggior parte della sua lunga vita (morì a 105 anni!) in eremitaggio.Oggi le sue reliquie sono conservate ad Arles, in Francia. 

Secondo alcune leggende fu celebre per delle guarigioni miracolose, sia sulle persone sia sugli animali, tanto che viene considerato il protettore del bestiame e, nell'iconografia, uno dei suoi attributi è proprio il celebre "porcellino", a volte associato anche ad altri animali.

Altro simbolo del Santo è il fuoco, dato che, secondo un'altra leggenda, S. Antonio donò il fuoco agli uomini rubandolo direttamente dall'inferno, come una sorta di Prometeo cristiano. Per questo, oggi, la tradizione del falò ha la funzione di ringraziamento per il dono fatto, ma è anche un simbolo di buon auspicio verso il futuro, concezione, questa, che si rifà addirittura ad antiche feste di tradizione celtica. 
Ho voluto sottolineare tutto questo per comprendere la vasta complessità delle origini delle nostre tradizioni che, come potete constatare,sono il risultato dell'intrecciarsi di diverse culture.

Mi auguro che quello che vi ho raccontato vi abbia interessato, se avete voglia di raccontare qualche curiosità o tradizione particolare della vostra zona o regione fatelo pure nella zona dei commenti, sarà molto gradito. Se poi gradite leggere qualche approfondimento sull'argomento, vi segnalo questi due libri, tra i numerosi scritti presenti in commercio: il primo è incentrato soprattutto sulla biografia del Santo, mentre il secondo anche sui suoi culti. 



 
La Vita di Antonio si presenta come una lettera che Atanasio invia ai monaci d'Occidente perché imitino e diffondano l'ideale monastico così come fu vissuto da Antonio. All'interno del racconto di Atanasio si possono individuare quattro fasi, quattro "fughe" che spinsero Antonio a cercare una solitudine sempre maggiore(da ibs).





Laura Fenelli ricostruisce la figura di sant'Antonio Abate e il culto a lui tributato nel bacino mediterraneo. Una vicenda complessa e appassionante come un romanzo, cominciata nel lontano IV secolo dopo Cristo, e che ha visto - nel susseguirsi di leggende, culti, superstizioni e rappresentazioni -la trasformazione dell'asceta da santo taumaturgo a santo contadino e burlone. Per comprendere questi passaggi basta prendere in esame tre immagini di epoche diverse che ritraggono Antonio. In un dipinto su tavola del 1353, Antonio è vestito di un abito scuro e di un mantello bruno, è in piedi in un paesaggio roccioso dove germogliano sparuti due alberelli, si appoggia a un nodoso bastone da eremita, reggendo con l'altra mano un volume rilegato. Ai suoi piedi trotterellano due maialetti neri. Accanto al santo si affollano donne e uomini, rigidamente divisi in base al sesso. Inginocchiati, stanno chiedendo la grazia, la salute, la salvezza per se stessi o per i loro cari. Due secoli dopo, in un foglio a stampa cinquecentesco variamente riprodotto e di grande diffusione, lo schema iconografico è assai simile, nonostante le differenze di tecnica esecutiva, stile, materiale, contesto. Dettaglio nuovo è quello del fuoco che fiammeggia ai piedi del santo e sembra sgorgare dal trono stesso. Infine, in uno dei tanti e popolarissimi santini dedicati all'eremita alla fine del XIX secolo sono cambiate le figure che lo attorniano: non più devoti inginocchiati che chiedono la grazia, non più malati e infermi, ma animali (da amazon).

sabato 16 gennaio 2016

Gennaio: Uno nessuno e centomila

Un saluto a tutti, oggi ho deciso di inaugurare una nuova rubrica, interamente dedicata alla recensione di alcuni classici della letteratura. Per la precisione ne pubblicherò una ogni mese dell'anno. E, per quanto riguarda gennaio, ho deciso di optare per "Uno nessuno e centomila" di Luigi Pirandello, un'opera che ho sempre studiato nel corso dei miei studi (liceali e universitari) ma che non avevo mai avuto l'occasione di leggere integralmente.

La storia ha per protagonista un giovane di 28 anni, Vitangelo Moscarda, sposato con Dida ed erede della banca paterna, da lui affidata agli amici Firbo e Quintorzo, data la sua scarsa propensione al lavoro. 


La vicenda ha inizio quando la moglie gli fa notare che il suo naso pende verso destra, che ha le sopracciglia ad accento circonflesso e che l'attaccatura delle sue orecchie non è delle migliori. Da qui Vitangelo comincia a elaborare una serie di riflessioni, basate sul fatto che ogni persona costruisce un'immagine di noi stessi diversa da come siamo realmente, traendo quindi da una realtà sola centomila interpretazioni, anche se a nessuna di queste corrisponde la vera identità del soggetto in questione. Anche perchè l'uomo è un essere in continuo cambiamento e le idee delle persone tendono a cristallizzare il flusso vitale di ogni individuo.

Una volta acquisite queste constatazioni, Vitangelo decide di distruggere tutte le idee che gli altri si sono fatti di lui, come quella di essere considerato un usuraio per via della sua attività di banchiere. Anche l'immagine che la moglie si è costruita su di lui verrà eliminata dallo stesso protagonista, che alla fine del romanzo si ritroverà solo e confinato in un "ospizio di mendicità", in preda a una pazzia che però è anche, nello stesso tempo, una semplice accettazione di come stanno in realtà le cose.

Trovo che questo romanzo, nonostante sia stato pubblicato 1926, ponga al lettore degli interrogativi che possano interessare anche il lettore contemporaneo. Quasi tutte le persone, infatti, anche oggi, si pongono l'interrogativo di come sono concepite dagli altri, oppure su come evitare che le persone si facciano un'idea sbagliata sulla loro reale indole, non trovate? E non è nemmeno raro sentir pronunciare (nella realtà, in un libro o in un film) la fatidica frase: "tu non sai chi sono io", che secondo me basterebbe a condensare l'intero nucleo di tutta la storia.

Insomma, un romanzo che può parlare anche al lettore di oggi senza per questo sembrare obsoleto. Da leggere.

giovedì 14 gennaio 2016

Finchè sarò tua figlia

Buonasera a tutti, stasera vi voglio consigliare questo romanzo, un thriller che mi ha coinvolto moltissimo, facendomi terminare la sua lettura in tempi brevissimi. La protagonista ha una psicologia molto complessa, ma nonostante il suo carattere ribelle e spregiudicato sono sicura che vi catturerà e farete il tifo per lei. Molto interessante il tema predominante, ovvero l'analisi del suo particolare rapporto con la madre.

Vi lascio la trama ricavata, come sempre in questa rubrica, da Amazon:

TRAMA (da amazon)

Il cielo è immenso sopra di lei ed è così blu da fare male. Janie stringe gli occhi per non rimanere accecata. Non è più abituata a tutta quella luce. Janie ha ventotto anni, ma gli ultimi dieci anni della sua vita li ha trascorsi in prigione, in cella di isolamento. Proprio lei, bella ragazza ricca di Beverly Hills, viziata reginetta del liceo. L’accusa è quella di aver ucciso sua madre Marion, una donna molto esigente con cui non aveva un bel rapporto. Perché Janie era un’adolescente ribelle e contestatrice e sua madre non faceva nulla per nascondere la sua delusione di non avere la figlia perfetta. Tutte le prove erano contro di lei. Dopo l’ennesima notte di baldoria, è stata trovata priva di sensi accanto al cadavere della madre. Le mani sporche del suo sangue e le sue impronte dappertutto. Incapace di raccontare quello che è successo. Ma Janie ha sempre saputo di essere innocente. Ricorda poco della notte dell’omicidio, lo shock le ha confuso la mente, ma sa di aver sentito sua madre avere un alterco con uno sconosciuto e un nome, Adelina. E adesso che il suo avvocato è riuscito a farla uscire di prigione, Janie non ha dubbi. Deve scoprire cosa è successo, deve dimostrare, soprattutto a sé stessa, di non essere colpevole. Deve diventare la figlia che Marion ha sempre sognato. Adelina è una città dell’Illinois. È lì che Janie deve andare se vuole capire la verità. Una città piccola e sperduta in mezzo alla campagna. Una comunità chiusa che guarda con sospetto e ostilità la nuova arrivata. E che nasconde tutte le risposte che Janie cerca. Non solo sulla morte di Marion, ma anche sulla sua vita e sulla sua vera identità. Mai come adesso Janie sente di conoscere la donna che per prima l’ha tenuta tra le braccia… Finché sarò tua figlia è un esordio impossibile da dimenticare. Venduto in contemporanea in 20 paesi, ha scalato tutte le classifiche bestseller in soli due giorni. 

P.S. Ovviamente se qualcuno ha voglia di esprimere la propria opinione sul romanzo, non abbia esitazioni a farlo ;-)

mercoledì 13 gennaio 2016

Innamorarsi ai tempi della crisi

Come già avevo iniziato a fare con il blog precedente, anche con questo vorrei continuare a recensire non solo romanzi editi da case editrici, ma anche ebook scritti da autori esordienti. 
In realtà non amo molto leggere su uno schermo del pc, e le poche letture che faccio con questa modalità procedono sempre a rilento, invece con l'ultimo ebook che ho letto tutto questo non si è verificato, perchè la storia di "Innamorarsi ai tempi della crisi" di Monica Brizzi mi ha tenuta incollata allo schermo senza nemmeno accorgermene. 

Secondo me il merito di tutto questo è da ricondurre allo stile usato dall'autrice: scorrevole, leggero, privo di errori grammaticali e sintattici. Ma anche la storia d'amore tra i due protagonisti è molto piacevole da leggere: Dafne è una ragazza bella e intelligente (ma con evidenti problemi di comunicazione) che si innamora di Alessio, un ragazzo altrettanto affascinante e colto. 
Ma il ragazzo contraccambierà i suoi sentimenti? E riuscirà ad amarla per quello che è, pregi e difetti compresi?

Se magari il lettore non riuscirà a immedesimarsi al cento per cento con la protagonista, dato il suo carattere così singolare, di certo lo farà con il contesto in cui prende piede tutta la vicenda. La storia si svolge infatti nel 2013, nel bel mezzo della crisi economica, e la stessa Dafne (quasi trentenne, laureata in materie letterarie, con tanto di dottorato di ricerca) dovrà farne i conti, tra un'occupazione che la fa lavorare molto (e guadagnare gran poco) e la crescente preoccupazione di far fronte al mutuo che ha avviato per potersi permettere un appartamento tutto per sè.

Ovviamente non vi dirò come andrà a concludersi la storia e nemmeno se Dafne riuscirà a risolvere i suoi problemi professionali e amorosi ma anzi, per scoprirlo, vi invito a leggere questo breve romanzo che, a mio parere, offre non solo dei momenti di spensieratezza ma anche degli spunti di riflessione.

Al prossimo ebook!

martedì 12 gennaio 2016

L'amore è un patatrac

Un saluto a tutti e benvenuti nella mia nuova rubrica, dedicata alla segnalazione di romanzi che ho letto in passato e che mi sono piaciuti molto.

Quella che vi voglio presentare oggi è la trama di un romanzo di genere rosa ma intriso anche di una buona dose di mistero e di ironia, con una protagonista che vi catturerà subito per la sua simpatia. Una curiosità: l'autore è un uomo! 

TRAMA (da amazon)

Come tutti, Julie ha fatto molte stupidaggini nella sua vita, ma mai così tante come da quando ha scoperto di avere un nuovo vicino di casa dal nome buffo, Ricardo Patatrac, che le fa scattare la scintilla della curiosità. Chi potrà mai chiamarsi così? Ancora prima di conoscerlo, l'attrazione per il nuovo arrivato si trasforma subito in una vera e propria ossessione, totalmente ingiustificata perché lei non lo ha mai visto in faccia. Riuscirci diventa il suo unico obiettivo nella vita e così si sottopone senza successo a estenuanti appostamenti con l'occhio appiccicato allo spioncino della porta, per carpire anche i più insignificanti dettagli che la aiutino a ricomporre il puzzle dell'uomo dei suoi sogni. Peccato che, nel tentativo di sapere qualcosa di più su di lui, una mano le rimanga incastrata nella sua cassetta della posta... E questo è solo l'inizio. Molte saranno le cose insensate che Julie farà per conquistarlo. Quando poi scoprirà che l'uomo misterioso nasconde un segreto, libererà tutta la sua fantasia e intraprendenza, in un'escalation di piccole e grandi follie... Perché l'amore è proprio un Patatrac!

domenica 10 gennaio 2016

I miei romanzi

Ops, c'è un messaggio per te

Milena è una giovane ragazza che, fin dalla nascita, non ha mai lasciato il suo paese d'origine, un villaggio sulle montagne dove i suoi abitanti conducono uno stile di vita tipico dei secoli passati. Un giorno le si presenta l'occasione di vivere per un po' di tempo a Milano e, seppur con qualche dubbio, non si lascia scappare l'occasione. Ma i problemi non mancheranno, e Milena dovrà fare i conti con la sua coinquilina, un burbero scrittore, un posto di lavoro non soddisfacente con a capo una coppia di fidanzati snob, dei colleghi prevenuti nei suoi confronti. Ma la ragazza non si perde d'animo ma anzi, a modo suo riuscirà a salvare dal fallimento il settimanale per il quale lavora. E dovrà pure fare i conti con uno strano messaggio d'amore indirizzato proprio a lei. La ricerca del suo misterioso ammiratore la porterà a conoscere Marcello, un ragazzo apparentemente perfetto, ma che nasconde un segreto. Riuscirà Milena a sopravvivere nella giungla metropolitana? Tra colpi di scena, malintesi e scoperte sconvolgenti la ragazza capirà che a volte basta poco per rimettere tutto in discussione, ma il destino a volte può riservare anche piacevoli sorprese. Un romanzo rosa chick lit, ironico e frizzante che unisce passato e presente, non senza per questo trascurare il futuro. 


AAA cercasi disperatamente un lieto fine

Jennifer è una ragazza insoddisfatta della propria vita: svolge una professione che non le piace, è fidanzata con un ragazzo che la tradisce e convive con una modella che la obbliga a seguire le sue assurde diete. Così, quando capisce che ha vinto il primo premio alla lotteria Italia, non ci impiega molto tempo a mandare tutti a quel paese e a impegnarsi ad acquistare uno splendido attico in centro a Milano ma... dopo un giorno ricco di soddisfazioni la ragazza si accorgerà che c'è stato un errore, e che non ha vinto proprio nulla! Cosa fare allora? Come rimediare ai danni che ha combinato? Tra le ricerche di un nuovo lavoro e la determinazione a volersi tirare fuori dai guai, la ragazza farà la conoscenza prima di Flora e poi della sorella Adelaide, un'anziana aristocratica dal carattere impossibile. Ma quando Jennifer conoscerà i drammi suo passato, cercherà di aiutare l'anziana più che può, allettata da una cospicua ricompensa in denaro che potrebbe risolvere magicamente tutti i suoi problemi. E per raggiungere i suoi obiettivi la ragazza, aiutata dall'affascinante Nicola (nonchè proprietario dell'attico acquistato), vivrà una serie di avventure finalizzate a coronare (forse) il suo più grande obiettivo: raggiungere un lieto fine perfetto per iniziare un nuovo capitolo, altrettanto meraviglioso, della sua vita.

venerdì 8 gennaio 2016

L'impresa (mio quarto racconto, presentato a un concorso sul tema del treno)

“Oddio, quanta gente! Chissà che storia oggi mi toccherà ascoltare…” stavo pensando una mattina di inizio ottobre.
O siamo già alla fine?
Il fatto è che sono talmente tanti giorni che viaggio su questo treno che ormai ho perso la cognizione del tempo. Di solito però tendo a far passare la noia ascoltando i discorsi dei miei compagni di viaggio. Ok, lo so che origliare non sta bene, ma d’altronde qualcosa dovrò pur fare. In realtà però, dopo l’iniziale entusiasmo dei primi giorni, la mia curiosità si è un po’ afflosciata. Gira e rigira le tematiche sono sempre quelle, prendiamo per esempio il lunedì: anche senza sapere che ci troviamo nel primo giorno della settimana, lo capiremmo dai discorsi, basati principalmente sul racconto delle prodezze compiute nel week-end e sulla poca voglia di ritornare al lavoro. I discorsi tendono a modificarsi man mano che ci si avvicina alla metà della settimana, nella quale gli argomenti preferiti sono soprattutto incentrati sui figli e la scuola; sul rispettivo coniuge; su qualche nuova ricetta che si vorrebbe provare. Argomenti di vita quotidiana, insomma. Ma man mano che ci si avvicina alla fine ecco che abbiamo la svolta: rinvigoriti da una nuova energia, i problemi quotidiani vengono sostituiti dai progetti per il sabato e la domenica e lo stress dal sollievo per aver terminato un’altra settimana lavorativa. Nel week-end invece i treni sono più tranquilli: cambia la natura dei miei compagni di viaggio e a lavoratori stressati si sostituiscono soprattutto ragazzi e ragazze che usano il mezzo di trasporto per uscire e divertirsi.
Capite che nelle prime settimane ero anche incuriosito da questo, mentre ora, beh, diciamo che mi piacerebbe ascoltare qualcosa di diverso. Anzi no, già che ci sono, mi piacerebbe raccontarla io una storia. E saprei pure quale. Anzi, se proprio vogliamo pensare in grande, mi piacerebbe addirittura scriverla questa storia e magari presentarla a quel concorso che proprio in questo periodo viene pubblicizzato su dei volantini attaccati ai sedili del treno. Va beh, adesso però non esageriamo. Comunque, prima di raccontare la mia storia, vorrei fare una sorta di introduzione per presentare i miei personaggi: dovete sapere infatti che durante la mia permanenza sul treno ho avuto modo non solo di origliare i discorsi dei miei compagni di viaggio, ma anche di osservarli molto bene. Vizi, virtù, comportamenti abituali… Ed è da queste osservazioni che ho capito che tutte queste persone si possono suddividere in alcune categorie. Per esempio, ci sono alcune persone che definirei “Musica-dipendenti”, infatti passano quasi tutto (se non tutto) il viaggio attaccati a uno strano marchingegno con le cuffie, dal quale esce della musica. I soggetti in questione possono a sua volta distinguersi in due categorie: quelli “Discreti”, che se ne stanno buoni buoni ad ascoltare musica a un volume normale e quelli “Rumorosi” che vogliono rendere partecipe tutta la carrozza dei loro gusti musicali tenendo l’apparecchio ad un volume altissimo. Ma non tutti ascoltano le canzoni quando viaggiano: altri infatti, che definirei “Intellettuali”, non viaggiano mai senza la compagnia di un bel libro o giornale, anche se il più delle volte quest’ultimo potrebbe essere incentrato solamente sul gossip del momento, soprattutto per quanto riguarda le signore. Non che i signori siano da meno, però diciamo che agli scandali e ai pettegolezzi delle star preferiscono le prodezze dei loro idoli sportivi (Ah, dimenticavo: i loro nemici peggiori sono i cosiddetti “Scrocconi”, ovvero coloro che tentano, senza farsi vedere, di leggere segretamente le loro letture).
Altre due tipologie di personaggi sono i “Dormienti”, ovvero coloro che ne approfittano per schiacciare un pisolino e i “Chiacchieroni”, ossia quelli che o parlano al cellulare, o, facendo gruppo, se la raccontano. Possono essere persone che già si conoscono, oppure che si sono conosciuti proprio sul treno. Sapeste quante amicizie ho visto nascere… Una cosa però: mai mettere insieme i “Dormienti” con i “Chiacchieroni” perché se no saranno scintille!
Altra categoria che ho rilevato durante la mia lunga osservazione è quella delle “Equilibriste”, ovvero quelle signore che, con tutta la mia ammirazione, sono in grado di truccarsi sul treno, incuranti di brusche frenate, spinte dei viaggiatori, perdita improvvisa della luce nella carrozza. Prima o poi mi piacerebbe sapere come fanno…
Da ultimo vorrei ricordare altre due categorie: gli “Sportivi” e i “Novelli”. I primi possono essere descritti come coloro che, con i loro scatti veloci, sono i primi a scendere dal treno per poi raggiungere (sempre di corsa) altri mezzi di trasporto. Ma sono anche abili nel riuscire ad acchiappare il treno (magari mentre le porte si stanno chiudendo) proprio mentre questo sta partendo. I secondi sono invece coloro che salgono sul treno poche volte, e che non conoscono tutti i meccanismi che questo comporta: li potrete notare dalla loro posizione sempre sull’attenti e nel fatto che sono soliti contare le fermate. Inoltre sono quelli che più si impauriscono quando la voce metallica del treno che annuncia le stazioni si inceppa e scambia un paese per l’altro: i poveretti sono soliti guardarsi intorno sgomenti e chiedere informazioni al passeggero più vicino, per poi tirare un sospiro di sollievo.
Ok, questi sono i personaggi della storia che vi sto per raccontare. Dovete sapere che qualche settimana fa (o forse mese: ve l’ho detto che non so più calcolare i tempi!) me ne stavo bello tranquillo vicino al corridoio: in quella posizione stavo proprio bene. Infatti da lì potevo osservare tranquillamente tutto quello che succedeva nel treno: addirittura potevo intravedere anche alcuni passeggeri della carrozza di fianco. La giornata sembrava preannunciarsi come una tipica e tranquilla giornata di lavoro: uomini, donne e studenti salivano a ogni fermata e piano piano tutto il treno si stava riempiendo, lo capivo soprattutto dal fatto che l’andatura del mezzo era lenta e affaticata. A un tratto qualcuno attirò la mia attenzione: nel gruppo di viaggiatori in fondo a destra riuscii a intravedere (anche se con un po’ di difficoltà) un uomo che, fingendosi un “Intellettuale” con un libro molto grosso (talmente grosso da scoraggiare qualunque “Scroccone”), riuscì abilmente a sfilare il portafoglio dalla borsetta di una “Dormiente” che, imprudentemente, l’aveva lasciata aperta. Mi guardai intorno per vedere se qualcuno si era accorto del fattaccio (se c’è una cosa che non sopporto sono proprio le ingiustizie!): da una parte un gruppo di “Chiacchieroni” stava intavolando una discussione su un fatto di cronaca nera a quanto pare di grande rilievo televisivo; dall’altra parte c’erano rispettivamente: un “Musica-dipendente” ignaro di tutto perché guardava fuori dal finestrino; una “Equilibrista” intenta a guardarsi nello specchietto per applicarsi l’ombretto sulle palpebre e una “Novella” che, tutta preoccupata, parlottava fra sé e sé.
E ora cosa faccio?
Non feci in tempo a pensare ciò che, nello stesso momento, il treno arrivò al capolinea. La “Dormiente” ridestatasi cominciò a frugare nella borsetta (secondo me cercava i soldi per comprarsi il biglietto della metropolitana) ma, una volta accortosi di quello che era successo, cominciò a urlare:
- Mi hanno derubata!
Il resto successe tutto molto in fretta: il finto “Intellettuale”, fattosi prendere dal panico, cominciò a correre, per raggiungere l’uscita. Allora uno “Sportivo”, con uno scatto degno del miglior maratoneta, cercò di raggiungerlo, ma c’era troppa confusione, a causa dell’enorme flusso di gente che si stava alzando per poter uscire. Ormai sembrava non esserci più via di scampo: il ladro l’avrebbe fatta franca. Ma non aveva ancora fatto i conti con me: nel cercare di raggiungere l’uscita il malfattore mi venne letteralmente addosso e addirittura inciampò su di me in un modo talmente plateale che finì rovinosamente a terra. Nessuno si rese conto del perché fosse scivolato in tal modo (secondo me nemmeno lui) però fu proprio grazie alla mia presenza che lo “Sportivo” riuscì a raggiungerlo, seguito dalla “Dormiente”, mentre qualcuno cercò di attirare l’attenzione di un controllore del treno che si trovava da quelle parti.
Ah che impresa! Oh che gioia, gaudio, trionfo e soddisfazione! Ma la mia allegria dopo un po’ si spense: per prima cosa nessuno si era accorto di me e tutti gli onori andarono allo “Sportivo” (brutto usurpatore!) e poi mi resi conto che, a causa dell’urto, ero stato sbalzato in un angolo buio e polveroso del treno, dal quale avevo perso quasi tutta la bella visuale che avevo prima. E da qui non mi sono più mosso, tant’è che è sempre da questo angolo che tutti i giorni ascolto i discorsi dei viaggiatori, visto che da vedere ormai mi è rimasto ben poco. Ma, nonostante tutto, la soddisfazione rimane: quella non me la può togliere nessuno! Anche se, lo devo ammettere, se potessi raccontare questa storia (le darei anche un titolo: “L’impresa”) ne sarei tutto orgoglioso: ma si sa, un povero tappo di bottiglia non può parlare e perciò tutto questo rimarrà per sempre un segreto che conserverò tra me e me. E poi, cerco anche di guardare il lato positivo della situazione: qua nascosto nessuno mi può vedere e di certo sarà difficile che finirò dentro a quelle enormi scatole blu poste sotto i finestrini. Si dicono così tante leggende su quelle strane costruzioni… Ma quella è un’altra storia!

La prova (mio terzo racconto, finalista al concorso a tema "Speriamo che sia femmina")

La vita di Hamed non era molto diversa da quella dei suoi connazionali. Era nato in un piccolo paese del Marocco, ed era cresciuto in una famiglia numerosa, composta da cinque fratelli e quattro sorelle. A vent’anni si era sposato e in breve tempo era diventato padre di tre bambini.
La vita nel suo paese era molto difficile, non aveva un lavoro fisso, e sua moglie stava tutto il giorno in casa con i bambini, che avevano sempre più fame. Così, decise di dare una svolta alla loro vita imitando la scelta di alcuni suoi conoscenti: andare in Italia. Nonostante il parere diffidente della moglie, un giorno, con pochi risparmi, s’imbarcò su una nave diretta a Palermo. Il suo progetto consisteva nello stare lì da solo il tempo necessario per guadagnare abbastanza denaro, per far poi trasferire lì definitivamente tutta la sua famiglia. Durante il viaggio, per potersi pagare completamente le spese, lavorò come mozzo e facchino sulla nave.
Una volta giunto sull’isola, riuscì a trovare una sistemazione dividendo un piccolo monolocale in subaffitto con altri tre coinquilini che provenivano dal suo stesso paese. Subito dopo essersi sistemato, si diede da fare per trovare un lavoro, e ben presto venne assunto come operaio in una catena di montaggio. Lavorava più di dieci ore al giorno, con uno stipendio di pochi euro, la vita era cara e la prospettiva di rivedere la sua famiglia si faceva sempre più lontana. Tutto quello che guadagnava lo mandava alla moglie, che però trovava difficoltà nell’accumulare i risparmi per poterlo raggiungere con i bambini. Molte volte si scoraggiava, ma era un tipo testardo, e difficilmente avrebbe abbandonato il proposito di offrire alla sua prole una vita migliore.
Ben presto però si rese conto che, per integrarsi nel suo nuovo mondo, avrebbe dovuto imparare bene la lingua italiana: tante volte si trovava in difficoltà quando doveva comunicare con la gente del posto. Decise così di iscriversi a un corso di italiano per stranieri offerto gratuitamente dalla parrocchia. Il corso si teneva alla sera, subito dopo il lavoro, ed era strutturato in tre livelli: elementare, intermedio e avanzato.
Dopo qualche mese, quando terminò il corso elementare, Hamed dovette affrontare una prova per poter accedere al livello intermedio. Si trovò così a dover studiare subito dopo il lavoro su libri di lessico, di grammatica, di ortografia. Prima di addormentarsi ripeteva tutti i tempi verbali del verbo “essere”, mentre alla mattina quelli del verbo “avere”; quando si recava al lavoro cercava di associare un nome a tutte le cose che vedeva, e nel tornare a casa rifaceva lo stesso esercizio. Molte volte rimaneva alzato fino a tardi per memorizzare tutte le parole che erano scritte sui suoi libri e, quando si addormentava, si trovava a sognare un uomo alto, serio e corrucciato, che lo guardava con aria severa e che diceva di chiamarsi “congiuntivo”. Fino a quando, giunse il giorno dell’esame.
Nello stretto corridoio dell’oratorio si era riunito un folto gruppo di persone, delle più disparate nazionalità. Alcuni sfogliavano in modo meccanico i libri di testo; altri camminavano avanti e indietro mormorando verbi e parole; altri invece cercavano di distrarsi chiacchierando con gli altri compagni. Nell’aria si respirava un clima di tensione. Tutti sapevano che il test per passare dal livello base a quello intermedio era molto difficile e gli insegnanti esigenti: bastava fare più di due errori per dover ripetere la prova. A un certo punto si aprì la porta dell’aula e uno tra gli insegnanti cominciò a chiamare uno per uno i vari candidati, facendoli poi accomodare. Una volta finita la procedura, a ognuno di loro fu consegnato il foglio con le domande. Anche in questo caso le reazioni dei partecipanti era molto variegata: c’era chi si buttò a capofitto a scrivere; chi si guardava in giro con aria smarrita; chi cercava di copiare; chi fissava il foglio senza scrivere. Hamed fu tra quelli che all’inizio guardò il foglio in preda a uno stato confusionale, poi cercò di riprendersi e si concentrò sulle domande. Se avesse mantenuto la calma non sarebbe stato così difficile, dopotutto aveva sacrificato molte notti per poter raggiungere una degna preparazione. Cominciò a dare le risposte sulle quali si sentiva più sicuro e alla fine si ritrovò con tre dubbi: cavallo si scriveva con una o due “l”? Hamed optò per la prima soluzione. L’altra perplessità riguardava la forma verbale “che io fossi”: era congiuntivo passato o imperfetto? Decise passato. L’ultima incertezza riguardava il genere della parola “ape”: era maschile o femminile? Si ricordava di avere studiato che i nomi femminili terminavano per “a”, mentre quelli maschili in “o”: cosa c’entrava allora la “e”? Nel frattempo gli insegnanti dissero che il tempo a loro disposizione era finito. Hamed barrò velocemente, senza pensarci, il quadratino vicino alla scritta “femminile” e consegnò il test. Gli sembrava, nel complesso, di aver fatto una buona prova, ma le sue speranze si spensero quando si ritrovò in corridoio a parlare con i compagni. Dai loro discorsi apprese che cavallo andava scritto con la doppia “l” e “che io fossi” corrispondeva al congiuntivo imperfetto. Due errori quindi li aveva già fatti. Ne bastava un altro e sarebbe stato bocciato. Per quanto riguardava il genere della parola “ape” le opinioni erano discordanti: c’era chi sosteneva fosse maschile, chi femminile. Hamed sapeva che quella risposta poteva essere determinante per l’esito finale.
- Oh, speriamo che è femmina, quest’ape!- esclamò esasperato.
- Speriamo che sia femmina- lo corresse un tizio dall’aria saccente.
Dopo circa un’ora, uno degli addetti uscì fuori con un cartellone recante i risultati, che affisse sul muro. Tutti si recarono in massa a guardare: da ogni parte si levarono grida di giubilo miste a quelle di delusione. E tra quelle di giubilo c’erano anche quelle di Hamed: ce l’aveva fatta! Alla fine l’ape era una femmina! Dopo essere stato lì un po’ a ridere con gli altri promossi e a consolare i bocciati, uscì soddisfatto dall’edifico. Sapeva che in realtà questo piccolo successo non avrebbe influenzato la sua vita: il giorno seguente la sveglia sarebbe suonata di nuovo alle cinque, avrebbe lavorato tutta la giornata per pochi soldi, e la prospettiva di rivedere la propria famiglia era sempre lontana. Però si sentiva orgoglioso di se stesso e questo per ora bastava a levigare, seppure solo in superficie, le avversità della sua vita.

Uno sconosciuto dagli occhi verdi (mio secondo racconto, contenuto anche nell'antologia "Evviva quasi tutto", edita per beneficenza)

Tutto cominciò in una calda sera d’estate. Stavo passeggiando per le vie del paese in cerca di un po’ di refrigerio, quando un individuo dal fare sospetto si parò davanti a me: mi guardava con fare minaccioso e aveva un sorriso cattivo stampato in volto. Decisi di far finta di nulla e gli passai accanto, ma egli cominciò a urlare:
-Cosa ci fai qua tutta sola? Non sai che a quest’ora bisogna stare a casa?
Presa dal panico cominciai a correre, ed egli a seguirmi. Correvo e correvo, in cerca di un rifugio di salvezza, ma a un certo punto mi sentii presa in trappola: avevo infatti imboccato un vicolo cieco. Anche il mio nemico capì che ormai non potevo più scappare e cominciò a sghignazzare soddisfatto. Lo sapevo: era giunta la mia fine. Chiusi gli occhi, ormai consapevole del mio destino, quando all’improvviso sentii urlare il mio persecutore. Aprii gli occhi di scatto e lo vidi a terra sovrastato da un qualcosa, o meglio, da un qualcuno. Non lo seppi distinguere bene, ma ciò che mi colpirono furono i suoi splendidi occhi verdi. Lottarono per un tempo che mi sembrò infinito, e poi il mio aguzzino scappò in tutta fretta. Rimasti soli, il mio salvatore si voltò a guardarmi e poi fuggì anche lui. Mi misi ad urlare per cercare di fermarlo, ma i miei richiami rimbombarono per il vicolo senza produrre alcun effetto, se non quello dell’eco.
Passarono alcuni giorni ed io continuavo a pensare a lui: chi era e da dove veniva? Non lo avevo mai visto in giro! Avrei tanto voluto incontrarlo di nuovo per ringraziarlo di avermi salvato e per conoscerlo meglio. La sua immagine era sempre presente nella mia mente e non mi abbandonava nemmeno quando mi addormentavo. Ogni giorno vagavo per le strade e per i vicoli cittadini sperando di vederlo ancora, ma senza risultato. Fino a quando, una sera, mentre me ne stavo tornando a casa ancora una volta delusa, passando vicino ad una minuscola casetta senza recinzione, lo vidi, attraverso una finestrella. Sì, non potevo sbagliarmi: era proprio lui! Avrei potuto riconoscere dovunque i suoi splendidi occhi verdi! Senza farmi vedere mi avvicinai di più e osservai la scena: c’era una signora molto anziana che stava guardando la televisione, e lui era lì, seduto accanto a lei. A volte si guardavano e la signora gli sorrideva dolcemente: doveva avere circa ottant’anni, ma dai suoi lineamenti si capiva che da giovane doveva essere stata molto bella. Stetti per qualche tempo a guardarli, incapace di muovermi, e poi me ne tornai a casa soddisfatta. Il giorno dopo tornai a trovarli, ma non mi feci ancora vedere: mi piaceva guardarli di nascosto, e soprattutto ero incantata dall’amore che provavano l’uno per l’altro e che rendeva quella scena quasi fiabesca. Proprio per questo non mi andava di farmi scoprire: avevo timore di rompere quella magica atmosfera che li avvolgeva. Dopo un settimana però, decisi che avrei dovuto almeno lasciare un segno della mia gratitudine e perciò decisi di depositare alcune margherite sui gradini dell’ingresso. Il giorno dopo, quando mi recai da loro, vidi che i fiori erano stati raccolti e sistemati in un vaso posto sul tavolo vicino alla televisione. Capii quindi che avevano gradito il mio regalo e perciò ogni giorno portavo loro tutti i fiori che riuscivo a trovare: margherite, viole, denti di leoni, ranuncoli; ed ogni volta, quando il giorno dopo mi recavo alla finestra, li rivedevo nel vaso. Notai anche che la signora ogni tanto si fermava a guardarli con espressione beata e soddisfatta.
Tutto questo durò per circa tre mesi: un giorno infatti, mentre come al mio solito mi stavo recando alla casetta con un mazzolino di fiori, vidi che le persiane erano chiuse. Anche i fiori del giorno prima non erano stati raccolti, ma anzi, erano caduti dai gradini e qualcuno doveva averli calpestati. Passarono mesi e mesi e la situazione era sempre la stessa: la polvere ormai ricopriva gli scalini e attorno alle finestre si intrecciavano fili e fili di ragnatele. Sapevo in cuor mio che probabilmente quei giorni sereni erano finiti e che non avrei più rivisto lui e nemmeno la signora, quando una sera mi parve di vederlo sgattaiolare di nascosto in una casa abbandonata. Perché? Cosa andava a fare lì? Non sapeva che poteva essere pericoloso? E dov’ era finita l’anziana signora? I miei dubbi non potevano rimanere irrisolti: con fare prudente decisi di entrare in quella casa per cercare di capire quello che stava succedendo. L’interno era vuoto e polveroso. Sui muri si leggevano delle scritte incomprensibili, forse ad opera di senzatetto che avevano trovato rifugio in quel posto. Di lui nessuna traccia. Stavo perciò decidendo di tornare indietro quando un grosso cane cominciò a ringhiare contro di me. Spaventata iniziai a correre per tutta la casa senza trovare una via di uscita, quando sentii qualcuno dirmi:
-Vieni di qua, presto!
Era lui! I suoi occhi verdi splendevano nel buio della casa facendolo sembrare ancora più bello. Con un cenno mi indicò una piccola fessura nel bordo di una parete ed io, con fatica, cercai di passare attraverso di essa per riuscire a liberarmi dal cane. Per fortuna, quella bestiaccia non riuscì a raggiungermi, perciò rimase dentro la stanza continuando ad abbaiare.
Stavo riprendendo fiato, sollevata per lo scampato pericolo, quando vidi di nuovo il mio salvatore, che mi raggiunse e mi disse:
-Non sei proprio capace di stare fuori dai guai, eh?
A questo punto, con il cuore che mi batteva forte, decisi di raccontargli la verità: gli spiegai della mia gratitudine verso di lui per avermi aiutata quella sera, del fatto che lo avevo visto in quella casa e dei fiori che quotidianamente gli portavo. Gli confessai anche che un giorno avevo trovato la sua finestra serrata e che per questo lo avevo cercato in altre zone, trovandolo in quella casa abbandonata.
Egli mi ascoltò attentamente e poi mi disse:
-Erano mesi che non uscivo da quella casa: la mia migliore amica era molto anziana e malata e io volevo stare sempre accanto a lei per ringraziarla per tutto quanto aveva fatto per me. Però, da quando riceveva quei fiori era diventata più felice: era convinta che glieli portasse un suo giovane fidanzato partito anni fa per l’America e mai più tornato. Un brutto giorno però mi lasciò per sempre, e il proprietario della casa in cui abitavamo decise di chiuderla e di cacciarmi via e così in questi mesi mi sono ridotto a fare il vagabondo, a dormire in quella brutta casa e a racimolare il cibo un po’ di qua e un po’ di là.
Ascoltai la sua storia molto attentamente e subito presi una decisione. Non avrei potuto separarmi da lui, non ora che lo avevo ritrovato, e non avrei nemmeno potuto lasciarlo nei guai.
-Senti- gli dissi- potresti venire a vivere con me.
Egli, stupito, spalancò gli occhi ed esclamò:
-Sei sicura? Non darei fastidio?
-No di certo: sono una gatta molto fortunata. I miei padroni mi curano e mi coccolano sempre: non penso farebbero storie per un micio in più, e se no starò io con te e faremo insieme i vagabondi.
Mi sorrise amorevolmente e mi disse:
-Va bene, verrò con te: sei una gatta molto buona, carina e gentile; dimmi come ti chiami.
-La mia padroncina mi chiama Fifì, e tu?
-Non conosco il mio nome, ma la signora mi diceva sempre Micio- micio.
-Ok, Micio- micio, andiamo, ora non sarai più solo.
Ci dirigemmo insieme verso la mia casa e, mentre camminavamo, le nostre code si toccavano disegnando in cielo un cuore perfetto.

Un amore d'altri tempi (rivisitazione in chiave moderna dell'amore tra Dante e Beatrice e mio primissimo racconto)



La prima volta che la incontrai avevo nove anni: mi ricordo che era una bellissima giornata di sole e che stavo giocando nel parco di fronte al mio condominio con i miei amici. A un certo punto sentii la voce di mia madre che mi sollecitava a rientrare per salutare una certa amica di famiglia venuta da non so quale città. Di malavoglia mi affrettai verso casa e quando aprii la porta rimasi meravigliato: la donna non era sola, ma l’accompagnava una bellissima bambina all’incirca della mia stessa età con la carnagione bianca, gli occhi azzurri e i capelli biondi; indossava uno stupendo vestitino rosso e una cintura stretta in vita. Pur essendo molto giovane rimasi quasi folgorato da quella visione e sentii battere forte il mio cuore. Non fui capace di parlare, biascicai un “ciao” e salii di corsa in camera mia. Sapevo di non avere fatto una splendida figura, e perciò mi imposi di cancellare dalla mia mente quell’episodio, anche se, con il passare del tempo, mi ritrovavo qualche volta a fantasticare su quella bambina dall’aspetto angelico,  la quale seppi poi chiamarsi Beatrice.

Nel frattempo gli anni passarono, dopo aver terminato le scuole medie mi iscrissi al liceo classico e inoltre scoprii una passione sempre più forte per la musica. Assieme a tre dei miei amici (Guido, Guido e Lapo) formai un complesso musicale di cui io, oltre a esserne la voce ero anche l’autore di numerosi brani. La nostra peculiarità non era quella di puntare sul classico testo commerciale, tutto musica ma zero significati, ma sul cercare di fondere insieme parole, musica e pensieri profondi, come l’amore, l’amicizia e la filosofia. Cominciammo con l’inserire alcuni nostri brani sul canale Youtube e a partecipare ad alcuni concorsi della nostra città, Firenze. Ben presto iniziammo a ottenere alcuni successi, che a noi diedero l’impulso di continuare, ma che ad altri offrirono il pretesto di fare delle critiche, tanto che un certo Bonny, leader di un gruppo pop semisconosciuto, ebbe l’ardire di scrivere un brano su di noi fatto apposta per criticarci, descrivendoci come autori di brani oscuri e complicati. Ma a noi delle critiche poco importava e il nostro successo confermava che il nostro nuovo stile non era poi così poco chiaro e quindi, proprio in onore della nostra particolarità, decidemmo in seguito di chiamarci “The new styles”.

Ma la musica non era l’unica mia passione: amavo, e amo tutt’ora, la letteratura, soprattutto quella latina e quella italiana del 1200. Mentre i miei coetanei si divertivano a giocare con i videogiochi, io non perdevo mai l’appuntamento con il  mio libro preferito: l’Eneide di Virgilio.

E fu proprio mentre me ne stavo seduto a rileggere per l’ennesima volta dell’amore travagliato tra Enea e Didone, che sentii alcuni compagni dire che una nuova ragazza appena trasferitasi in città sarebbe venuta a stare nella nostra classe, e la notizia non si rivelò fasulla. Infatti non appena finì l’intervallo entrò subito la nostra professoressa seguita da una ragazza, che riconobbi all’istante: era lei… colei che avevo visto nove anni prima in casa mia! Questa volta indossava un vestito tutto bianco, che le arrivava fino alle caviglie e, quando mi passò davanti per sedersi al suo posto, mi salutò discretamente. Mi aveva riconosciuto! Ciò mi procurò una felicità immensa, ma anche un po’ di turbamento, così mi ripromisi di parlarne con i miei amici della band appena finita la lezione.

Una volta che ebbi raccontato loro la situazione, essi si mostrarono meravigliati dato che fino a quel momento nessuna ragazza aveva catturato in questo modo il mio cuore, e ognuno mi espresse la propria opinione sul da farsi: Lapo, da anni fidanzatissimo con Giovanna, mi consigliò di fare in modo di attirare la sua attenzione verso di me compiendo chissà quale atto eroico (sostituirla in qualche interrogazione?); Guido G. invece, mi spronò di conquistarla attraverso un brano musicale scritto apposta per lei; Guido C., infine, fresco fresco di rottura con una delle sue numerose ragazze, mi ammonì dicendo che la situazione non avrebbe portato a nulla di buono e che l’amore porta sempre dolore. Alla fine li lasciai più confuso di prima, ma con la convinzione che forse avrei dovuto procedere di testa mia.

Alla fine però fu il destino a decidere per me e questo mi trascinò in un circolo vorticoso di eventi: una mattina, durante l’intervallo, invece di dedicarmi come mio solito alla lettura, me ne stavo seduto ad ammirare quella creatura celestiale, che stava chiacchierando con Maria, una sua amica. In quel preciso istante, però, mi si parò davanti Elena, la pettegola della classe, capra nello studio, ma estremamente informata su tutte le situazioni amorose della classe, anzi no che dico… dell’intera scuola! Mi sorrise con fare malizioso e mi chiese quali delle due bellezze stessi mangiando con gli occhi. Tentai di negare, ma quella smorfiosa, continuando a tormentarmi, mi obbligò a confessare; ma io, per evitare che la mia Beatrice diventasse preda di inutili pettegolezzi, con fare teatrale, ammisi la mia presunta ammirazione verso Maria. In questo modo, nel giro di pochi giorni, tutta la scuola venne a sapere che Dante della VC era segretamente innamorato di Maria della VB. Sperai che il succulento pettegolezzo si esaurisse in pochi giorni, giusto il tempo di scoprirne un altro, ma non avevo fatto i conti con la diretta interessata, Maria. A quanto pare a lei non dava fastidio che si dicessero tutte queste cose su di noi, infatti, poco dopo, mi invitò a uscire per prendere un gelato insieme. Fui tentato di rifiutare, ma poi ebbi un lampo di genio: forse, uscendo con lei, avrei potuto ottenere delle informazioni importanti su Beatrice, tipo il suo numero di cellulare! Con questo proposito decisi accettare l’appuntamento, ma ciò non si rivelò una buona idea: come avrei potuto parlare di un’altra con una ragazza che ha occhi solo che per te? Alla fine, quando la riaccompagnai a casa, misi bene in chiaro la situazione, nel caso si stesse facendo strane idee, affermando che ero troppo giovane e che non mi andava di impegnarmi con nessuna ragazza. Maria sembrò delusa, ma non disse nulla.

A questo punto ero sollevato per essere uscito da questa situazione, anche se non avevo fatto nessun passo avanti con Beatrice, la quale continuava a rivolgermi solo un saluto alla mattina e uno dopo le lezioni (sempre che se ne ricordasse!). Ora però la mia attenzione stava cadendo sulla seconda amica di Beatrice, Lucia. Se con Maria avevo fallito, forse da Lucia sarei riuscito a ottenere qualcosa! Così, due settimane dopo l’uscita con Maria, invitai Lucia a uscire. La ragazza sembrò sorpresa dal mio invito, ma non rifiutò. Uscimmo una domenica pomeriggio e andammo al cinema. Dopo il film cominciai a parlarle in generale dei miei amici, dissi che con loro mi trovavo molto bene e le chiesi se anche lei stesse bene con le sue amiche. Mi rispose di sì, e io, facendo lo svampito, le chiesi di dirmi i nomi della sue amiche e, quando Lucia nominò Beatrice, le domandai sorpreso se per caso quella Beatrice fosse proprio la mia compagna di classe e, alla sua risposta affermativa, le chiesi se cortesemente mi poteva dare il suo numero di cellulare perché dovevo chiederle un aiuto con i compiti di matematica. Ecco: finalmente ce l’avevo fatta! Ero lì, tutto contento e trionfante quando, senza nemmeno rendermene conto, vedemmo Maria, più infuriata che mai, correre verso di noi: raggiunse Lucia, le diede uno schiaffo e cominciò a urlare dicendo che la sua amica era una traditrice e che adesso aveva capito perché io non avevo voglia di impegnarmi con lei. A questo punto Lucia diede uno spintone a Maria gridando che ero stato io a invitarla fuori e che non c’era niente tra di noi, e poi continuarono a gridare insultandosi a vicenda e rinfacciandosi ogni cosa venisse loro in mente quel momento. E io ero lì, che non sapevo che pesci pigliare: come avrei potuto ora richiedere a Lucia il numero di cellulare? Decisi che per me era giunto il momento di tagliare la corda, mormorai un saluto che probabilmente nemmeno sentirono e corsi al sicuro verso casa. Pensavo che la storia si fosse conclusa e che il giorno dopo non ci sarebbero state conseguenze, ma sfortunatamente mi sbagliavo.

Il giorno seguente, infatti, non appena varcai la soglia della classe, Beatrice venne subito verso di me con fare battagliero. Non feci nemmeno in tempo a constatare ciò, che subito cominciò a urlarmi contro dicendomi che ero un arrogante e un presuntuoso, che avevo giocato con i sentimenti delle sue migliori amiche e che ora, per colpa mia, non si parlavano più. A ciò seguì una lunga serie di insulti. Poi, quando ebbe finito la sua sfuriata, se ne tornò al suo banco, giusto in tempo per l’inizio delle lezioni. Cercai di concentrarmi sulle spiegazioni degli insegnanti, ma la mia mente vagava altrove: mentre Beatrice urlava da una parte ero contento, visto che finalmente si era rotto il ghiaccio tra di noi, ma d’altra parte quello che mi aveva urlato non corrispondeva con quanto avevo sognato che ella mi dicesse! Aveva ragione: avevo combinato proprio un bel pasticcio, se solo avesse saputo la verità! Se solo avesse capito che avevo cercato un modo discreto per avvicinarmi a lei evitandole un mucchio di pettegolezzi, forse si sarebbe ricreduta sul mio conto. Ma oramai non potevo fare nulla, e da quel giorno smise per sempre di salutarmi.

Cosa avrei potuto fare ora? Come avrei potuto fare amicizia con lei se ora nemmeno più mi rivolgeva un saluto, saluto che per me rappresentava una salvezza nel mezzo delle mie solite incombenze quotidiane? Ci rimuginai sopra per molto tempo, senza trovare una soluzione, fino a quando, un giorno, ebbi come una folgorazione: Beatrice poteva anche non salutarmi più, però continuavo a vederla tutti i giorni a scuola e per le vie della città, la sua sola presenza mi avrebbe aiutato a superare quel momento difficile e a tramutare il mio dispiacere in testi musicali destinati alla sua lode! Decisi di mettermi subito all’opera, tanto più che in quel periodo io e la mia band avevamo bisogno di nuovi testi per partecipare a un concorso locale. Preso da una sfrenata ispirazione composi più di dieci brani, che i miei amici accolsero con grande entusiasmo. A questo punto la faccenda sembrava essersi sistemata, a me bastava vederla e lodarla con la mia musica per essere felice, ma il destino non aveva ancora finito di sconvolgermi. In un giorno di fine maggio, quando varcai la soglia della classe, vidi vuoto il banco di Beatrice e subito dopo la professoressa ci diede una notizia che mi lasciò senza fiato: la ragazza aveva dovuto cambiare improvvisamente città a causa del lavoro di suo padre. A questo punto ripiombai nella disperazione: come avrei potuto parlare di lei, se costei non c’era più? Come avrei fatto a trarre ispirazione dalla sua presenza se questa mi era negata? Cercai di scoprire in quale posto si fosse trasferita, ma non riuscii mai a scoprirlo. Le uniche a saperlo erano le sue due migliori amiche, che però si guardarono ben bene dal dirlo in giro, in quanto Beatrice le aveva intimate di non dire nulla a nessuno. Nemmeno i miei genitori seppero nulla perché ormai da tempo avevano perso i contatti con la sua famiglia. E in più cominciavo pure a perdere l’ispirazione per scrivere i miei brani, visto che la mia musa ispiratrice non c’era più! Cercai di trovarne un’altra e per un po’ frequentai la mia amica Sofia, ma dopo poco tempo capii che non era la stessa cosa. Dovevo cercare di dimenticarla, ma non volevo che il tempo mi portasse via definitivamente il suo ricordo. Bisognava trovare una soluzione, dovevo compiere qualcosa di grande, un qualcosa che nessun ragazzo avrebbe mai fatto per la propria amata.



Sono passati molti anni da quel giorno: adesso vivo a Ravenna, con mia moglie Gemma e i miei figli Jacopo, Pietro e Antonia, ma non ho dimenticato l’ispiratrice della mia giovinezza. In questo arco di tempo ho lavorato molto, ma non a un testo musicale, bensì a uno letterario. In esso ho cercato di unire il mio interesse per Beatrice con la mia passione per i classici: in compagnia del mio amico Virgilio racconto la storia di un lungo viaggio che compii in un periodo buio della mia vita per essere salvato dal mio amore di gioventù. Ho deciso di intitolare Commedia la mia storia per sottolinearne il lieto fine, e proprio ora l’ho appena pubblicata su internet su un sito di self-publishing.

Non so se riuscirò a vendere qualche copia, di questi tempi non è facile ottenere successo, però credo molto nel valore di quest’opera e spero non solo che possa essere apprezzata, ma anche che possa diventare famosa in modo tale che il mio amore per Beatrice possa essere celebrato in eterno.