Cari lettori, la data di oggi è molto importante dal punto di vista storico, dato che si ricorda l'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale. Oggi, vorrei approfittare di questa ricorrenza, per parlarvi della storia della "Leggenda del Piave", la canzone patriottica che scommetto tutti voi conosceranno:
Questa canzone venne composta da Giovanni Ermete Gaeta, un garzone di origine napoletana che aveva studiato musica da autodidatta. In seguito cominciò a collaborare con alcune riviste, scrivendo articoli e pubblicando poesie in dialetto.
Nel 1902 andò ad abitare a Bergamo, dove aveva vinto un concorso per impiegato postelegrafico. Dopo aver ottenuto il trasferimento a Napoli, durante la prima guerra mondiale, prestò servizio nella posta militare.
Quando, dopo la disfatta di Caporetto, l'esercito italiano riuscì a riscuotersi e a sconfiggere gli austriaci, Gaeta, appresa la notizia mentre era sul posto di lavoro, cominciò di getto a scrivere le canzone: la prima strofa parla dell'entrata in guerra dell'Italia; la seconda della disfatta di Caporetto e la terza della battaglia vinta dagli italiani il 22 giugno 1918. In seguitò aggiunse una quarta strofa in cui proclama la vittoria finale. Fu poi il suo amico Raffaele Gottordo a metterla in musica, con un motivo orecchiabile che si diffuse in brevissimo tempo fra l'esercito italiano, tanto da essere utilizzata anche durante l'inaugurazione del momunento dedicato al milite ignoto.
Gaeta, però, nonostante il successo, non ci guadagnò nulla, perchè la canzone venne considerata inno nazionale, di proprietà statale, e quindi non vincolata a diritti d'autore. Gaeta passò momenti di ristrettezze economiche e, dopo aver perso il lavoro, riuscì a riottenerlo e a lavorare fino alla pensione.
Oggi il manoscritto originale si trova a Roma, nel museo storico della comunicazione del Ministero dello Sviluppo economico.
Testo completo:
II Piave mormorava
calmo a placido al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio:
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera,
per far contro il nemico una barriera…
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti…
S’udiva, intanto, dalle amate sponde,
sommesso e lieve, il tripudiar dell’ onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò:
“Non passa te straniero!”
Ma in una notte trista si parlò di tradimento,
e il Piave udiva l’ira a lo sgomento.
Ah, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto
per l’onta consumata a Caporetto…
Profughi.ovunque dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti…
S’udiva, allor, dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio dell’ onde:
come un singhiozzo, in quell’autunno nero
il Piave mormorò:
“Ritorna lo straniero!”
E ritornò il nemico
per l’orgoglio e per la fame,
volea sfogare tutte le sue brame…
Vedeva il piano aprico,
di lassù, voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora.
“No! - disse il Piave – No! - dissero i fanti…-
Mai più il nemico faccia un passo avanti…”
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combattevan le onde…
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
“Indietro, va’, straniero!”
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la Vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro a Battisti…
Infranse, alfin, l’ italico valore
le forche e l’armi dell’ Impiccatore.
Sicure l’Alpi… Libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron le onde
sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
nè oppressi, nè stranieri!
calmo a placido al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio:
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera,
per far contro il nemico una barriera…
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti…
S’udiva, intanto, dalle amate sponde,
sommesso e lieve, il tripudiar dell’ onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò:
“Non passa te straniero!”
Ma in una notte trista si parlò di tradimento,
e il Piave udiva l’ira a lo sgomento.
Ah, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto
per l’onta consumata a Caporetto…
Profughi.ovunque dai lontani monti
venivano a gremir tutti i suoi ponti…
S’udiva, allor, dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio dell’ onde:
come un singhiozzo, in quell’autunno nero
il Piave mormorò:
“Ritorna lo straniero!”
E ritornò il nemico
per l’orgoglio e per la fame,
volea sfogare tutte le sue brame…
Vedeva il piano aprico,
di lassù, voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora.
“No! - disse il Piave – No! - dissero i fanti…-
Mai più il nemico faccia un passo avanti…”
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combattevan le onde…
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
“Indietro, va’, straniero!”
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la Vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro a Battisti…
Infranse, alfin, l’ italico valore
le forche e l’armi dell’ Impiccatore.
Sicure l’Alpi… Libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron le onde
sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
nè oppressi, nè stranieri!
Fonti:
Ciao! Mi hai fatto fare un tuffo nel passato con questo post! I miei nonni cantavano sempre questa canzone :-)
RispondiEliminaEh sì, la canzone era molto in voga a quei tempi ;-)
EliminaCiao Ariel! Amo questi tuoi post: danno voce al passato! :)
RispondiEliminaGrazie Jasmine, buona giornata :-)
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