Cari lettori, oggi vi parlerò del romanzo di Viola Ardone, "Il treno dei bambini", edito da Einaudi.
Il romanzo si rifà a un fatto storico poco conosciuto: dopo la seconda guerra mondiale, l'Italia fu attraversata da una grande crisi economica e sociale, che colpì soprattutto il Sud. Per questo motivo, il partito comunista decise di istituire alcuni treni, che dal Mezzogiorno trasportassero nelle regioni del Nord i bambini meridionali più poveri, per essere temporaneamente affidati a delle famiglie che potessero dar loro da mangiare e da vestire, oltre ad assicurarne l'istruzione.
Da questo fatto prende il via questo romanzo: il suo protagonista, Amerigo Speranza, è un bambino napoletano di quasi otto anni, che vive in estrema povertà con la madre Antonietta. Non ha mai conosciuto il padre che, secondo le parole della madre, è andato in America in cerca di fortuna, e il fratello maggiore, del quale non conserva ricordi, è morto per una polmonite. Ogni tanto, nella loro casa, entra ed esce un uomo, soprannominato "Capa 'e fierro", che si occupa di contrabbando di caffè assieme ad Antonietta. Amerigo trascorre le giornate tra le strade di Napoli con l'amico Tommasino e il loro destino non sembra promettere nulla di buono.
Un giorno, però, Antonietta decide di mandare il figlio proprio su uno di quei treni, per essere affidato per qualche tempo a una famiglia del Nord. Tra la gente del posto, sono diversi i pareri sull'iniziativa: alcuni ne sono molto favorevoli, altri (come la Pachiochia, una delle personalità più influenti del rione, monarchica e anticomunista) inizialmente mostrerà non poco scetticismo, insinuando che il vero obiettivo di quel progetto sia quello di spedire i bambini in Russia e di cuocerli nei forni, perchè si sa che i comunisti mangiano i bambini.
Tra questi pettegolezzi, con un misto di eccitazione e paura, Amerigo affronterà quel viaggio che, assieme ai suoi amici Tommasino e Mariuccia, lo condurrà in Emilia, precisamente a Modena. Lì, dato che la famiglia che doveva accoglierlo farà marcia indietro, verrà affidato a Derna, una delle donne del partito comunista. Ella, però, a causa dei suoi impegni, lo farà vivere per la maggior parte delle sue giornate in casa della cugina Rosa, sposata con Alcide e madre di tre figli Rivo, Luzio e Nario.
Amerigo entrerà quindi a far parte di un mondo nuovo, che all'inizio lo disorienterà ma che, a poco a poco, lo coinvolgerà sempre di più: tra le lezioni del maestro Ferrari, il rapporto prima teso e poi più amichevole con Luzio e la passione per la musica che, grazie ad Alcide, lo porterà a possedere il suo primo violino, Amerigo si allontanerà sempre di più dalle sue origini e, quando sarà il momento di rientare a Napoli, si renderà conto di possedere un'anima divisa in due...
Sono stata molto coinvolta dalla lettura di questo romanzo: adoro quando i libri mi permettono di imparare qualcosa di nuovo, e se poi ciò è ben amalgamato a una trama che appassiona e coinvolge, la lettura allora si fa davvero ottima!
Ho amato il personaggio di Amerigo, con i suoi sogni e le sue debolezze, ma soprattutto il suo complesso rapporto con la madre, che mi ha portato a riflettere molto sulla natura dei sentimenti umani. Antonietta è una donna che ha vissuto gli orrori e le privazioni della guerra, la precoce perdita dei genitori, l'abbandono di chi ha amato, la morte di un figlio. Non è capace di mostrare in modo concreto il suo amore per Amerigo, anzi, a volte certi gesti fanno pensare il contrario, e sarà questo che porterà il figlio ad allontanarsi da lei. Se, per buona parte del libro, non ho particolarmente apprezzato questo personaggio, alla fine l'ho un po' rivalutato, allo stesso modo dell'Amerigo ultracinquantenne, il quale ci narrerà la sua storia nei capitoli conclusivi del romanzo.
Penso inoltre che un altro punto di forza della narrazione sia lo stile dell'autrice, che è stata molto abile ad adattarlo alla crescita e all'evoluzione interiore del suo protagonista. All'inizio infatti, essendo il romanzo narrato in prima persona, prevale il linguaggio dialettale, semplice, e talvolta sgrammaticato, di quel bambino napoletano che non ama la scuola e trascorre in strada la maggior parte della sua vita. Alla fine, invece, quando Amerigo è ormai adulto, il registro linguistico si modifica e diventa più poetico, quasi lirico, oltre ad essere attraversato da una patina di maliconia, per ciò che è accaduto e quello che non è avvenuto nella sua vita, data l'importante decisione che ha determinato, nel bene e nel male, tutta la sua esistenza, e che è il perno centrale del suo cambiamento, esteriore e interiore.
Un romanzo, quindi, che non mancherà di coinvolgervi, farvi riflettere ed emozionarvi, e che per questo vi consiglio vivamente di leggere.