Cari lettori, come ogni lunedì, ecco un nuovo capitolo della mia breve storia per bambini, intitolata "La lanterna dell'amicizia"; il capitolo che vi propongo oggi è il quarto e s'intitola "In attesa di una risposta". Amina, infatti, dopo aver trovato il coraggio di rispondere a quello strano messaggio e di inviare la lettera, trascorre i giorni successivi in un crescendo di curiosità, fino al clamoroso colpo di scena:
Per Amina non fu
difficile procedere alla spedizione, una volta trovata la risposta a quella
domanda. Grazie alla sua maestra sapeva come compilare una busta, indicando il
mittente e il destinatario, e applicare il francobollo, che le era stato
allegato. Al suo interno inserì un solo biglietto bianco, con la scritta “Vorrei
una bambola”. Poi, quando i suoi genitori uscirono di casa per andare ognuno
nei rispettivi luoghi di lavoro, nel quarto d’ora di tempo che precedeva
l’arrivo di Martina, Amina ne approfittò per uscire di casa e per raggiungere
di corsa una delle poche cassette delle lettere che ancora era sopravvissuta
negli anni. Per fortuna si trovava in fondo alla sua via, così fece tutto molto
in fretta e nessuno si accorse di nulla.
I giorni seguenti
assunsero una sfumatura diversa per la bambina: anche se le ore si rincorrevano
uguali, anche se si annoiava tutto il giorno, anche se Martina continuava a non
considerarla, anche se i suoi genitori erano sempre più stanchi e la sera
andavano quasi sempre a dormire molto presto, ora Amina aveva un segreto da
conservare tra sé e sé, e una speranza, quella di poter ricevere un regalo e di
poter mantenere ancora un contatto con il suo misterioso interlocutore.
A volte si soffermava
a fantasticare su quella persona: chi poteva mai essere? Magari una bambina? O
una persona che, come lei, veniva da lontano e si sentiva sola, nonostante
vivesse in una grande città come Milano? Ma per Amina il quesito più importante
era: avrebbe esaudito il suo desiderio? Le avrebbe veramente regalato una
bambola?
Intanto erano già passati
dieci giorni e non era successo niente. L’indirizzo a cui aveva spedito la
lettera era di Milano, non sapeva ricondurre la via a una zona precisa della
città, ma comunque non sarebbe dovuto passare tutto quel tempo. O forse sì?
Perché mai non aveva domandato alla sua maestra quanto tempo ci impiegava una
lettera ad arrivare a destinazione?
Ormai conosceva l’ora
in cui il postino compiva il quotidiano viaggio nella sua via e, tutti i
giorni, correva al balcone per vedere se inseriva qualcosa nella cassetta delle
lettere della sua famiglia. Dopo circa dieci giorni di appostamenti, quando
ormai aveva perso ogni speranza, una mattina, vide dalla finestra il postino inserire
una busta voluminosa nella cassetta delle lettere, e così il suo cuore cominciò
a batterle per l’eccitazione. Certo, da quella distanza non poteva capire se il
pacco era stato inserito proprio nella parte riservata alla sua famiglia, ma
ormai un vago senso di ottimismo si era impadronito di lei.
Così, dato che era
da poco passato mezzogiorno e Martina stava cucinando il loro pranzo, guardando
la televisione e parlando al telefono con un’amica nello stesso momento, Amina
riuscì di nascosto a sgattaiolare fuori di casa e a raggiungere la zona delle
cassette delle lettere. Quando si accorse che il grosso pacchetto era stato
inserito proprio nello spazio riservato alla sua famiglia, e a chiare lettere
era indicato il suo nome sul dorso, per poco non lanciò un urlo di gioia. Lo
prese subito, se lo infilò sotto la maglietta, come per proteggerlo da occhi
indiscreti, e salì le scale più velocemente possibile, mentre la curiosità la
stava divorando come non mai.
Una volta rientrata in
casa riuscì a nascondere il pacco sotto il cuscino del suo letto e, come se
nulla fosse successo, mangiò con Martina cercando di trattenere tutta la sua
curiosità. Nel pomeriggio, non appena la babysitter si incantò a guardare la
televisione, Amina andò in camera e aprì il misterioso pacchetto, ricoperto da
una carta ruvida e marroncina, che conteneva niente popò di meno che… ma una
bellissima bambola, talmente carina che la bambina rimase senza fiato. Magari
quella persona era una sorta di fata, perché era proprio quella era proprio la
bambola che aveva da sempre desiderato, almeno fin da quando aveva messo piede
in Italia: un corpicino non troppo alto, con i capelli lunghi biondi, gli occhi
azzurri, il fisico un po’ magro ma ben delineato e con un delizioso vestitino a
fiori tutto colorato. Ed era anche un gioco nuovo, dato che si trovava in una
scatola.
Amina non aveva mai posseduto un giocattolo appena comprato, nemmeno
in Libia, dove tutti i suoi giochi le erano stati passati dalla cugina. Questo
le portò ancora più gioia e da quel momento in poi non si staccò più dalla sua
nuova amica. Quando Martina le chiese da dove venisse quel gioco nuovo Amina le
rispose che glielo avevano regalato i suoi genitori e quando la madre le
formulò la stessa domanda le spiegò che la bambola le era stata regalata da
Martina. Era la prima volta che mentiva ai suoi genitori, ma non voleva
rischiare che gliela facessero spedire indietro e, soprattutto, spezzassero la
magia di quella strana avventura in cui si era trovata casualmente coinvolta.